Poesie d'amore

Raccolta di poesie d'amore

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  1. Tersicore*
     
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    Frank-Bernard-Dicksee-R
    Frank Bernard Dicksee: Romeo and Jiuliet


    Romeo e Giulietta
    2hxx6ja
    Silenzio! Quale luce irrompe da quella finestra lassù?
    È l'oriente, e Giulietta è il sole.
    Sorgi, vivido sole, e uccidi l'invidiosa luna,
    malata già e pallida di pena
    perché tu, sua ancella, di tanto la superi in bellezza.
    Non essere la sua ancella, poiché la luna è invidiosa.
    Il suo manto di vestale è già di un verde smorto,
    e soltanto i pazzi lo indosano. Gettalo via.
    È la mia donna; oh, è il mio amore!
    se soltanto sapesse di esserlo.
    Parla, pure non dice nulla. Come accade?
    Parlano i suoi occhi; le risponderò.
    No, sono troppo audace; non parla a me;
    ma due stelle tra le più lucenti del cielo,
    dovendo assentarsi, implorano i suoi occhi
    di scintillare nelle loro sfere fino a che non ritornino.
    E se davvero i suoi occhi fossero in cielo, e le stelle nel suo viso?
    Lo splendore del suo volto svilirebbe allora le stelle
    come fa di una torcia la luce del giorno; i suoi occhi in cielo
    fluirebbero per l'aereo spazio così luminosi
    che gli uccelli canterebbero, credendo finita la notte.
    Guarda come posa la guancia sulla mano!
    Oh, fossi un guanto su quella mano
    e potessi sfiorarle la guancia!


    (William Shakespeare)



    6zppid



    All'amata
    2hxx6ja
    Se leggi questi versi,
    dimentica la mano che li scrisse:
    t'amo a tal punto
    che non vorrei restar
    nei tuoi dolci pensieri,
    se il pensare a me
    ti facesse soffrire.


    (William Shakespeare)



    6zppid



    Fà pure del tuo peggio per sfuggirmi

    Fa' pure del tuo peggio per sfuggirmi
    tu in me vivrai per tutta la mia vita
    e vita non durerà più a lungo del tuo amore,
    perché sol da questo affetto essa dipende.
    Quindi temer non devo il peggior dei torti
    quando nel più piccolo la mia vita ha fine;
    mi par di meritare miglior sorte
    di quella che è balia dei tuoi capricci.
    Non puoi torturarmi con la tua incostanza
    perchè nel tuo disdegno muore la mia vita:
    o che beato titolo solo io posseggo,
    felice del tuo amore, felice di morire!
    Ma esiste felicità che nuvole non tema?
    Tu potresti ingannarmi ed io non saperlo.

    (William Shakespeare)



    6zppid



    Non ti amo con i miei occhi
    Per la verità, io non ti amo coi miei occhi,
    perché essi vedono in te un mucchio di difetti;
    ma è il mio cuore che ama quel che loro disprezzano
    e, apparenze a parte, ne gode alla follia.
    Né i miei orecchi delizia il timbro della tua voce,
    né la mia sensibilità è incline a vili toccamenti,
    né il mio gusto e l’olfatto bramano l’invito
    al banchetto dei sensi con te soltanto.
    Ma né i miei cinque spiriti, né i miei cinque sensi
    possono dissuadere questo mio sciocco cuore dal tuo servizio,
    avendo ormai perso ogni sembianza umana,
    ridotto a schiavo e misero vassallo del tuo superbo cuore.
    Solo in questo io considero la mia peste un bene:
    che chi mi fa peccare, m’infligge pure la penitenza.

    (William Shakespeare)



    6zppid



    Sonetto 1
    Alle meraviglie del creato noi chiediam progenie
    perché mai si estingua la rosa di bellezza,
    e quando ormai sfiorita un dì dovrà cadere,
    possa un suo germoglio continuarne la memoria:
    ma tu, solo devoto ai tuoi splendenti occhi,
    bruci te stesso per nutrir la fiamma di tua luce
    creando miseria là dove c’è ricchezza,
    tu nemico tuo, troppo crudele verso il tuo dolce io.
    Ora che del mondo sei tu il fresco fiore
    e l’unico araldo di vibrante primavera,
    nel tuo stesso germoglio soffochi il tuo seme
    e, giovane spilorcio, nell’egoismo ti distruggi.
    Abbi pietà del mondo o diverrai talmente ingordo
    da divorar con la tua morte quanto a lui dovuto.

    (William Shakespeare)



    6zppid



    Sonetto 10
    È infamia il tuo negare amore verso gli altri
    tu che per te stesso sei così inaccorto.
    Si può ammettere, se vuoi, che sei da molti amato
    ma è molto più evidente che tu non ami alcuno:
    sei tanto posseduto da odio distruttore
    che neppur contro te stesso esiti a tramare,
    portando alla rovina una splendida dimora
    che per tuo desiderio dovresti rinsaldare.
    Muta il tuo pensiero affinché io muti il mio sentire!
    Dev’essere meglio accolto l’odio dell’amore?
    Sii piacente e generoso come la tua persona
    o prova a te stesso almeno il tuo nobil cuore:
    fa’, per amor mio, che un altro te abbia vita
    affinché la tua bellezza continui a rifiorire.
    (William Shakespeare)



    6zppid



    Sonetto 18
    Posso paragonarti a un giorno d’estate?
    Tu sei più amabile e più tranquillo.
    Venti forti scuotono i teneri boccioli di Maggio,
    e il corso dell’estate ha fin troppo presto una fine.
    Talvolta troppo caldo splende l’occhio del cielo,
    e spesso la sua pelle dorata s’oscura;
    ed ogni cosa bella la bellezza talora declina,
    spogliata per caso o per il mutevole corso della natura.
    Ma la tua eterna estate non dovrà svanire,
    né perder la bellezza che possiedi,
    né dovrà la morte farsi vanto che tu vaghi nella sua ombra,
    quando in eterni versi nel tempo tu crescerai:
    finché uomini respireranno o occhi potran vedere,
    queste parole vivranno, e daranno vita a te.

    (William Shakespeare)


    6zppid



    Sonetto 22
    Lo specchio non mi convincerà che sono vecchio,
    finché tu e giovinezza avrete la stessa età;
    ma quando in te io scorgerò i solchi del tempo
    attenderò che morte dia pace ai giorni miei.
    Poiché tutta la bellezza che ti inonda
    altro non è che degna veste del mio cuore
    che vive nel tuo petto, come il tuo nel mio:
    come potrei dunque esser io più vecchio?
    Perciò, amore, abbi cura di te stesso
    così come io farò, non per me, ma per te
    custodendo il tuo cuore che terrò così prezioso
    qual tenera nutrice il suo bimbo da mal protegga.
    Non sperare nel tuo cuore quando il mio sarà distrutto:
    tu mi hai donato il tuo non per averlo indietro.

    (William Shakespeare)



    6zppid



    Sonetto 24

    Il mio occhio s'è fatto pittore ed ha tracciato
    L'immagine tua bella sul quadro del mio cuore;
    il mio corpo è cornice in cui è racchiusa,
    prospettica, eccellente arte pittorica,
    ché attraverso il pittore devi vederne l'arte
    per trovar dove sia la tua autentica immagine dipinta,
    custodita nella bottega del mio seno,
    che ha gli occhi tuoi per vetri alle finestre.

    Vedi ora come gli occhi si aiutino a vicenda:
    i miei hanno tracciato la tua figura e i tuoi
    son finestre al mio seno, per cui il sole

    gode affacciarsi ad ammirare te.
    Però all'arte dell'occhio manca la miglior grazia:
    ritrae quello che vede, ma non conosce il cuore.


    (William Shakespeare)



    6zppid



    Sonetto 57
    Essendo schiavo tuo, che altro potrei fare
    se non servir ore e momenti di ogni tuo volere?
    Non è prezioso il tempo che io ho da spendere,
    né servigi da rendere finché tu non li chieda.
    Né oso io dolermi di quei momenti senza fine
    mentre, mio signore, guardo l’ora in tua attesa,
    né giudico esasperante l’amarezza dell’assenza
    quando al tuo servitore tu hai detto addio.
    Né oso domandare al mio pensier geloso
    ove tu possa essere o supporre cosa stia facendo,
    ma in triste schiavitù io aspetto e solo penso
    quanto tu renda felice chi ti sta vicino.
    L’amore è così sciocco che in ogni tuo piacere,
    qualunque sia il tuo agire, non crede in alcun male.

    (William Shakespeare)



    6zppid



    Sonetto 46
    I miei occhi e il cuore sono in conflitto estremo
    per contendersi l’immagine della tua persona:
    gli occhi al cuor vorrebbero celare la tua effigie,
    agli occhi il cuor contesta la libertà di tal diritto.
    Il cuore a difesa adduce che tu dimori in lui
    – un tempio mai violato da sguardi penetranti –
    ma gli accusati negano tal dissertazione,
    dicendo che in loro giace il tuo bel sembiante.
    Per attribuir questo diritto si convoca in giuria
    un esame dei pensieri che al cuore son fedeli,
    e per verdetto loro viene aggiudicata
    la parte dei puri occhi e quella del caro cuore:
    così: agli occhi spetta la tua esteriorità,
    e diritto del mio cuore è il tuo profondo amore.

    (William Shakespeare)


    6zppid


    Sonetto 47
    I miei occhi e il cuore son venuti a patti
    ed or ciascuno all’altro il suo ben riversa:
    se i miei occhi son desiosi di uno sguardo,
    o il cuore innamorato si distrugge di sospiri,
    gli occhi allor festeggian l’effigie del mio amore
    e al fantastico banchetto invitano il mio cuore;
    un’altra volta gli occhi son ospiti del cuore
    che a lor partecipa il suo pensier d’amore.
    Così, per la tua immagine o per il mio amore,
    anche se lontano sei sempre in me presente;
    perché non puoi andare oltre i miei pensieri
    e sempre io son con loro ed essi son con te;
    o se essi dormono, in me la tua visione
    desta il cuore mio a delizia sua e degli occhi.

    (William Shakespeare)



    6zppid



    Sonetto 73
    In me tu vedi quel periodo dell’anno
    quando nessuna o poche foglie gialle ancor resistono
    su quei rami che fremon contro il freddo,
    nudi archi in rovina ove briosi cantarono gli uccelli.
    In me tu vedi il crepuscolo di un giorno
    che dopo il tramonto svanisce all’occidente
    e a poco a poco viene inghiottito dalla notte buia,
    ombra di quella vita che tutto confina in pace.
    In me tu vedi lo svigorire di quel fuoco
    che si estingue fra le ceneri della sua gioventù
    come in un letto di morte su cui dovrà spirare,
    consunto da ciò che fu il suo nutrimento.
    Questo in me tu vedi, perciò il tuo amor si accresce
    per farti meglio amare chi dovrai lasciar fra breve.

    (William Shakespeare)



    6zppid



    Sonetto 88
    Quando avrai deciso di non stimarmi più
    ed esporrai i miei meriti al pubblico disprezzo,
    contro me stesso combatterò al tuo fianco
    e proverò che sei sincero pur sapendoti spergiuro.
    Conoscendo a fondo ogni mia mancanza,
    a tuo sostegno potrei portare a conoscenza
    colpe nascoste di cui mi son macchiato,
    affinché perdendomi tu possa averne gloria:
    e in tal modo anch’io ne sarei gratificato:
    perché volgendo a te ogni mio pensier d’amore,
    le gravi accuse che imputerò a me stesso,
    dando a te un vantaggio, doppio per me sarà.
    Il mio amore è così grande, talmente ti appartengo,
    che per la tua ragione sopporterò ogni torto.

    (William Shakespeare)



    6zppid


    Sonetto 91
    Vi è chi vanta la propria nascita, chi l’ingegno,
    chi la ricchezza, chi la forza fisica,
    chi il vestire alla moda anche se stravagante,
    chi vanta falchi e cani e chi i cavalli.
    E ogni temperamento ha una sua tendenza innata
    in cui trova una gioia superiore al resto;
    ma queste piccolezze non s’addicon al mio metro:
    io tutte le miglioro in un solo immenso bene.
    Per me il tuo amore è meglio di nobili natali,
    più ricco della ricchezza, più fiero dell’eleganza,
    di maggior diletto dei falchi o dei cavalli
    e avendo te, di ogni vanto umano io mi glorio:
    sfortunato solo in questo, che tu puoi togliermi
    ogni cosa e far di me l’essere più misero.

    (William Shakespeare)



    6zppid



    Sonetto 92

    Fa' pure del tuo peggio per sfuggirmi
    tu in me vivrai per tutta la mia vita
    e vita non durerà più a lungo del tuo amore,
    perché sol da questo affetto essa dipende.
    Quindi temer non devo il peggior dei torti
    quando nel più piccolo la mia vita ha fine;
    mi par di meritare miglior sorte
    di quella che è balia dei tuoi capricci.
    Non puoi torturarmi con la tua incostanza
    perchè nel tuo disdegno muore la mia vita:
    o che beato titolo solo io posseggo,
    felice del tuo amore, felice di morire!
    Ma esiste felicità che nuvole non tema?
    Tu potresti ingannarmi ed io non saperlo.


    (William Shakespeare)



    6zppid



    Sonetto 109

    No, non dire mai che il mio cuore è stato falso
    anche se l’assenza sembrò ridurre la mia fiamma;
    come non è facil ch’io mi stacchi da me stesso,
    così è della mia anima che vive nel tuo petto:
    quello è il rifugio mio d’amore; se ho vagato
    come chi viaggia, io di nuovo lì ritorno
    fedelmente puntuale, non mutato dagli eventi,
    tanto ch’io stesso porto acqua alle mie colpe.
    Non credere mai, pur se in me regnassero
    tutte le debolezze che insidiano la carne,
    ch’io mi possa macchiare in modo tanto assurdo
    da perdere per niente la somma dei tuoi pregi:
    perché niente io chiamo questo immenso universo
    tranne te, mia rosa; in esso tu sei il mio tutto.


    (William Shakespeare)



    6zppid



    Sonetto 130
    Gli occhi della mia donna non sono come il sole;
    il corallo è molto più rosso delle sue labbra:
    se la neve è bianca, allora perché i suoi seni sono grigi?
    Se i capelli devono essere filamenti, fili neri crescono sulla sua testa
    Ho visto rose variegate, rosse e bianche,
    ma non ho visto alcuna rosa sulle sue guance;
    e c’è più delizia in altri profumi
    che nell’alito che il mio amore esala.
    mi piace sentirla parlare, perché so
    che la sua voce, per me, è come musica;
    quando la vidi non mi sembrò una dea:
    la mia donna, quando cammina, non ha grazia.
    E nonostante ciò, il mio amore è cosi raro
    come se lei fosse stata elogiata da falsi paragoni.

    (William Shakespeare)



    6zppid



    Non mangia che colombe l'amore,
    e ciò genera sangue caldo,
    e il sangue caldo genera caldi pensieri
    e i caldi pensieri generano calde azioni,
    e le calde azioni sono l'amore.


    (William Shakespeare)



    6zppid



    Edited by Denveth - 21/4/2023, 02:08
     
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    Albert-Moore
    Albert Joseph Moore - Conchiglie (1841-1893)



    Iscinta e scalza, con le trezze avvolte

    (Boccaccio)

    Iscinta e scalza, con le trezze avvolte,
    e d'uno scoglio in altro trapassando,
    conche marine da quelli spiccando,
    giva la donna mia con le altre molte.

    E l'onde, quasi in sé tutte raccolte,
    con picciol moto i bianchi piè bagnando,
    innanzi si spingevan mormorando
    e ritraènsi iterando le volte.

    E se tal volta, forse di bagnarsi
    temendo, i vestimenti in su tirava,
    sì ch'io vedeo più della gamba schiuso,

    oh, quali avria veduto allora farsi,
    chi rimirato avesse dov'io stava,
    gli occhi mia vaghi di mirar più suso!



    2lkta2r



    882200657_2081161
    Botticelli "Primavera" particolare



    D'oro crespi capelli

    (Boccaccio)

    D'oro crespi capelli e annodati
    da sé e da verde frondi e bianchi fiori,
    un angelico viso e due splendori
    simili a stelle, e atti non usati
    veder fra noi, vezzosi e riposati,
    e un cantar di più gioiosi amori
    soave e lieto ben tra mille fiori
    del primo tempo, insieme radunati
    in un giardino nato ad un bel fonte,
    pos'Amore in amare alla mia mente
    libera ancora, semplice e leggera.
    Né pria, dal canto desto, alza' la fronte,
    che tutte l'accerchiar subitamente
    e presa a lui la dier, che vicin era.



    2lkta2r



    Vladimir-Gusev-1957
    Vladimir Gusev-1957



    Sulla poppa sedea d'una barchetta

    (Boccaccio)

    Sulla poppa sedea d'una barchetta,
    che 'l mar segando presta era tirata,
    la donna mia con altre accompagnata,
    cantando or una or l'altra canzonetta.

    Or questo lito ed. or quest'isoletta,
    ed ora questa ed or quella brigata
    di donne visitando, era mirata
    qual discesa dal cielo un'angioletta.

    Io, che seguendo lei vedeva farsi
    da tutte parti incontro a rimirarla
    gente, vedea come miracol nuovo.

    Ogni spirito mio in me destarsi
    sentiva, e con amor di commendarla
    sazio non vedea mai il ben ch'io provo



    Edited by Denveth - 28/5/2023, 01:39
     
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    La nascita di Venere - Botticelli




    Erano i capei d’oro a l’aura sparsi

    (Francesco Petrarca)

    Erano i capei d’oro a l’aura sparsi
    che ’n mille dolci nodi gli avolgea,
    e ’l vago lume oltra misura ardea
    di quei begli occhi, ch’or ne son sì scarsi;

    e ’l viso di pietosi color’ farsi,
    non so se vero o falso, mi parea:
    i’ che l’esca amorosa al petto avea,
    qual meraviglia se di sùbito arsi?

    Non era l’andar suo cosa mortale,
    ma d’angelica forma; e le parole
    sonavan altro che, pur voce umana;

    uno spirto celeste, un vivo sole
    fu quel ch’i’ vidi: e se non fosse or tale,
    piagha per allentar d’arco non sana.



    jxv8zoqw


    Benedetto sia ' l giorno e ' l mese e l ' anno

    (Francesco Petrarca )

    Benedetto sia ' l giorno e ' l mese e l ' anno
    e la stagione e ' l tempo e l ' ora e ' l punto
    e ' l bel paese e ' l loco ov' io fui giunto
    da' duo begli occhi che legato m ' ànno ;

    e benedetto il primo dolce affanno
    ch ' i' ebbe ad essere con amor congiunto ,
    e l ' arco e le saette ond ' io fui punto ,
    e le piaghe che 'infin al cor mi vanno .

    Benedette le voci tante ch ' io
    chiamando il nome di mia Donna ò sparte ,
    e i sospiri e le lagrime e ' l desio ;

    e benedette sian tutte le carte
    ov ' io fama l'acquisto , e ' l pensier mio ,
    ch ' è sol di lei , sì ch 'altra non v'à parte .


    jxv8zoqw


    Io amai sempre et amo forte ancora (Sonetto LXXXV)

    (Francesco Petrarca)

    Io amai sempre et amo forte ancora
    e son per amar più di giorno i n giorno
    quel dolce loco ove piangendo torno
    spesse fiate quando Amor m ' accora ,

    e son fermo d'amare il tempo e l 'ora
    ch 'ogni vil cura mi levar dintorno ,
    e più colei lo cui bel viso adorno
    di ben far co ' suoi esempli m' innamora .

    Ma chi pensò veder mai tutti insieme ,
    per assalirmi il core or quindi or quinci ,
    questi dolci nemici ch ' i ' tant ' amo ?

    Amor , con quanto sforzo oggi mi vinci !
    E se non ch 'al desio cresce la speme ,
    i ' cadrei morto , ove più viver bramo .



    jxv8zoqw


    Zephiro torna, e ‘l bel tempo rimena(Canzoniere, CCCX)

    (Francesco petrarca)

    Zefiro torna, e 'l bel tempo rimena,
    e i fiori e l'erbe, sua dolce famiglia,
    et garrir Progne et pianger Filomena,
    e primavera candida e vermiglia.

    Ridono i prati, e 'l ciel si rasserena;
    Giove s'allegra di mirar sua figlia;
    l'aria e l'acqua e la terra è d'amor piena;
    ogni animal d'amar si riconsiglia.

    Ma per me, lasso, tornano i più gravi
    sospiri, che del cor profondo tragge
    quella ch'al ciel se ne portò le chiavi;

    e cantar augelletti, e fiorir piagge,
    e 'n belle donne oneste atti soavi
    sono un deserto, e fere aspre e selvagge.



    jxv8zoqw


    Miranda-John-William-Waterhouse-r
    Miranda-John-William-Waterhouse

    Chiare fresche e dolci acque

    (Francesco Petrarca)

    Chiare fresche e dolci acque
    ove le belle membra
    pose colei che sola a me par donna;
    gentil ramo, ove piacque,
    (con sospir mi rimembra)
    a lei di fare al bel fianco colonna;
    erba e fior che la gonna
    leggiadra ricoverse con l'angelico seno;
    aere sacro sereno
    ove Amor co' begli occhi il cor m'aperse:
    date udienza insieme
    a le dolenti mie parole estreme.

    S'egli è pur mio destino,
    e 'l cielo in ciò s'adopra,
    ch'Amor quest'occhi lagrimando chiuda,
    qualche grazia il meschino
    corpo fra voi ricopra,
    e torni l'alma al proprio albergo ignuda;
    la morte fia men cruda
    se questa spene porto
    a quel dubbioso passo,
    ché lo spirito lasso
    non poria mai più riposato porto
    né in più tranquilla fossa
    fuggir la carne travagliata e l'ossa.

    Tempo verrà ancor forse
    ch'a l'usato soggiorno
    torni la fera bella e mansueta,
    e là 'v'ella mi scorse
    nel benedetto giorno,
    volga la vista disiosa e lieta,
    cercandomi; ed o pietà!
    già terra infra le pietre
    vedendo, Amor l'inspiri
    in guisa che sospiri
    sì dolcemente che mercé m'impetre,
    e faccia forza al cielo
    asciugandosi gli occhi col bel velo.

    Da' be' rami scendea,
    (dolce ne la memoria)
    una pioggia di fior sovra 'l suo grembo;
    ed ella si sedea
    umile in tanta gloria,
    coverta già de l'amoroso nembo;
    qual fior cadea sul lembo,
    qual su le treccie bionde,
    ch'oro forbito e perle
    eran quel dì a vederle;
    qual si posava in terra e qual su l'onde,
    qual con un vago errore
    girando perea dir: "Qui regna Amore".

    Quante volte diss'io
    allor pien di spavento:
    "Costei per fermo nacque in paradiso!".
    Così carco d'oblio
    il divin portamento
    e 'l volto e le parole e'l dolce riso
    m'aveano, e sì diviso
    da l'imagine vera,
    ch'i' dicea sospirando:
    "Qui come venn'io o quando?"
    credendo esser in ciel, non là dov'era.
    Da indi in qua mi piace
    quest'erba sì ch'altrove non ò pace.

    Se tu avessi ornamenti quant'ai voglia,
    poresti arditamente
    uscir del bosco e gir infra la gente.



    Edited by Denveth - 31/5/2023, 22:22
     
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    A Silvia

    Giacomo Leopardi

    •♥•*´¨`*•♥•*´¨`*•♥•*´¨`*•♥•
    Silvia, rimembri ancora
    quel tempo della tua vita mortale,
    quando beltà splendea
    negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
    e tu, lieta e pensosa, il limitare
    di gioventù salivi?

    Sonavan le quiete
    stanze, e le vie dintorno,
    al tuo perpetuo canto,
    allor che all'opre femminili intenta
    sedevi, assai contenta
    di quel vago avvenir che in mente avevi.
    Era il maggio odoroso: e tu solevi
    così menare il giorno.

    Io gli studi leggiadri
    talor lasciando e le sudate carte,
    ove il tempo mio primo
    e di me si spendea la miglior parte,
    d'in su i veroni del paterno ostello
    porgea gli orecchi al suon della tua voce,
    ed alla man veloce
    che percorrea la faticosa tela.
    Mirava il ciel sereno,
    le vie dorate e gli orti,
    e quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
    Lingua mortal non dice
    quel ch'io sentiva in seno.

    Che pensieri soavi,
    che speranze, che cori, o Silvia mia!
    Quale allor ci apparia
    la vita umana e il fato!
    Quando sovviemmi di cotanta speme,
    un affetto mi preme
    acerbo e sconsolato,
    e tornami a doler di mia sventura.
    O natura, o natura,
    perché non rendi poi
    quel che prometti allor? perché di tanto
    inganni i figli tuoi?

    Tu pria che l'erbe inaridisse il verno,
    da chiuso morbo combattuta e vinta,
    perivi, o tenerella. E non vedevi
    il fior degli anni tuoi;
    non ti molceva il core
    la dolce lode or delle negre chiome,
    or degli sguardi innamorati e schivi;
    né teco le compagne ai dì festivi
    ragionavan d'amore.

    Anche peria tra poco
    la speranza mia dolce: agli anni miei
    anche negaro i fati
    la giovanezza. Ahi come,
    come passata sei,
    cara compagna dell'età mia nova,
    mia lacrimata speme!
    Questo è quel mondo? questi
    i diletti, l'amor, l'opre, gli eventi
    onde cotanto ragionammo insieme?
    questa la sorte dell'umane genti?
    All'apparir del vero
    tu, misera, cadesti: e con la mano
    la fredda morte ed una tomba ignuda
    mostravi di lontano.



    2dim53q



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    Emile Vernon


    Alla sua donna
    Giacomo Leopardi

    •♥•*´¨`*•♥•*´¨`*•♥•*´¨`*•♥•
    Cara beltá, che amore
    lunge m’inspiri o nascondendo il viso,
    fuor se nel sonno il core
    ombra diva mi scuoti,
    ne’ campi ove splenda
    piú vago il giorno e di natura il riso;
    forse tu l’innocente
    secol beasti che dall’oro ha nome,
    or leve intra la gente
    anima voli? o te la sorte avara,
    ch’a noi t’asconde, agli avvenir prepara?

    Viva mirarti omai
    nulla speme m’avanza;
    s’allor non fosse, allor che ignudo e solo
    per novo calle a peregrina stanza
    verrá lo spirto mio. Giá sul novello
    aprir di mia giornata incerta e bruna,
    te viatrice in questo arido suolo
    io mi pensai. Ma non è cosa in terra
    che ti somigli; e s’anco pari alcuna
    ti fosse al volto, agli atti, alla favella,
    saría, cosí conforme, assai men bella.

    Fra cotanto dolore
    quanto all’umana etá propose il fato,
    se, vera e quale il mio pensier ti pinge,
    alcun t’amasse in terra, a lui pur fôra
    questo viver beato:
    e ben chiaro vegg’io siccome ancora
    seguir loda e virtú qual ne’ prim’anni
    l’amor tuo mi farebbe. Or non aggiunse
    il ciel nullo conforto ai nostri affanni;
    e teco la mortal vita saría
    simile a quella che nel cielo indía.

    Per le valli, ove suona
    del faticoso agricoltore il canto,
    ed io seggo e mi lagno
    del giovanile error che m’abbandona;
    e per li poggi, ov’io rimembro e piagno
    i perduti desiri e la perduta
    speme de’ giorni miei; di te pensando,
    a palpitar mi sveglio. E potess’io,
    nel secol tetro e in questo aer nefando,
    l’alta specie serbar; ché dell’imago,
    poi che del ver m’è tolto, assai m’appago.

    Se dell’eterne idee
    l’una sei tu, cui di sensibil forma
    sdegni l’eterno senno esser vestita,
    e fra caduche spoglie
    provar gli affanni di funerea vita;
    o s’altra terra ne’ superni giri
    fra’ mondi innumerabili t’accoglie,
    e piú vaga del sol prossima stella
    t’irraggia, e piú benigno etere spiri;
    di qua, dove son gli anni infausti e brevi,
    questo d’ignoto amante inno ricevi.



    2dim53q



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    Frederic Leighton



    Il sogno

    Giacomo Leopardi

    •♥•*´¨`*•♥•*´¨`*•♥•*´¨`*•♥•
    Era il mattino, e tra le chiuse imposte
    per lo balcone insinuava il sole
    nella mia cieca stanza il primo albore;
    quando, in sul tempo che piú leve il sonno
    e piú soave le pupille adombra,
    stettemi allato e riguardommi in viso
    il simulacro di colei che amore
    prima insegnommi, e poi lasciommi in pianto.
    Morta non mi parea, ma trista, e quale
    degl’infelici è la sembianza. Al capo
    appressommi la destra, e sospirando,
    Vivi — mi disse — e ricordanza alcuna
    serbi di noi? — Donde — risposi — e come
    vieni, o cara beltá? Quanto, deh! quanto
    di te mi dolse e duol: né mi credea
    che risaper tu lo dovessi; e questo
    facea piú sconsolato il dolor mio.
    Ma sei tu per lasciarmi un’altra volta?
    Io n’ho gran tema. Or dimmi, e che t’avvenne?
    Sei tu quella di prima? E che ti strugge
    internamente? — Obblivione ingombra
    i tuoi pensieri, e gli avviluppa il sonno,
    — disse colei. — Son morta, e mi vedesti
    l’ultima volta, or son piú lune. — Immensa
    doglia m’oppresse a queste voci il petto.
    Ella seguí: — Nel fior degli anni estinta,
    quand’è il viver piú dolce, e pria che il core
    certo si renda com’è tutta indarno
    l’umana speme. A desiar colei,
    che d’ogni affanno il tragge, ha poco andare
    l’egro mortal; ma sconsolata arriva
    la morte ai giovanetti, e duro è il fato
    di quella speme che sotterra è spenta.
    Vano è saper quel che natura asconde
    agl’inesperti della vita, e molto
    all’immatura sapienza il cieco
    dolor prevale. — Oh sfortunata, oh cara,
    taci, taci — diss’io, — ché tu mi schianti
    con questi detti il cor. Dunque sei morta,
    o mia diletta, ed io son vivo, ed era
    pur fisso in ciel che quei sudori estremi
    cotesta cara e tenerella salma
    provar dovesse, a me restasse intera
    questa misera spoglia? Oh quante volte,
    in ripensar che piú non vivi, e mai
    non avverrá ch’io ti ritrovi al mondo,
    creder nol posso! Ahi! ahi! che cosa è questa
    che morte s’addimanda? Oggi per prova
    intenderlo potessi, e il capo inerme
    agli atroci del fato odii sottrarre!
    Giovane son, ma si consuma e perde
    la giovanezza mia come vecchiezza;
    la qual pavento, e pur m’è lunge assai.
    Ma poco da vecchiezza si discorda
    il fior dell’etá mia. — Nascemmo al pianto
    — disse — ambedue; felicitá non rise
    al viver nostro; e dilettossi il cielo
    de’ nostri affanni. — Or, se di pianto il ciglio,
    — soggiunsi — e di pallor velato il viso
    per la tua dipartita, e se d’angoscia
    porto gravido il cor; dimmi: d’amore
    favilla alcuna, o di pietá, giammai
    verso il misero amante il cor t’assalse
    mentre vivesti? Io disperando allora
    e sperando traea le notti e i giorni;
    oggi nel vano dubitar si stanca
    la mente mia. Che se una volta sola
    dolor ti strinse di mia negra vita,
    non mel celar, ti prego, e mi soccorra
    la rimembranza or che il futuro è tolto
    ai nostri giorni. — E quella: — Ti conforta,
    o sventurato. Io di pietade avara
    non ti fui mentre vissi, ed or non sono,
    ché fui misera anch’io. Non far querela
    di questa infelicissima fanciulla.
    — Per le sventure nostre, e per l’amore
    che mi strugge — esclamai, — per lo diletto
    nome di giovanezza e la perduta
    speme dei nostri dí, concedi, o cara,
    che la tua destra io tocchi. — Ed ella, in atto
    soave e tristo, la porgeva. Or, mentre
    di baci la ricopro e, d’affannosa
    dolcezza palpitando, all’anelante
    seno la stringo, di sudore il volto
    ferveva e il petto, nelle fauci stava
    la voce, al guardo traballava il giorno.
    Quando colei, teneramente affissi
    gli occhi negli occhi miei: — Giá scordi, o caro,
    — disse, — che di beltá son fatta ignuda,
    e tu d’amore, o sfortunato, indarno
    ti scaldi e fremi? Or finalmente addio.
    Nostre misere menti e nostre salme
    son disgiunte in eterno. A me non vivi,
    e mai piú non vivrai: giá ruppe il fato
    la fé che mi giurasti. Allor, d’angoscia
    gridar volendo, e spasimando, e pregne
    di sconsolato pianto le pupille,
    dal sonno mi disciolsi. Ella negli occhi
    pur mi restava, e nell’incerto raggio
    del sol vederla io mi credeva ancora.



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    Caspar David Friedrich



    Io qui vagabondo

    Giacomo Leopardi

    •♥•*´¨`*•♥•*´¨`*•♥•*´¨`*•♥•
    Per la bella pesarese Geltrude Cassi-Lazzari

    Io qui vagando al limitare intorno,
    invan la pioggia invoco e la tempesta,
    acciò che la ritenga al mio soggiorno.
    Pure il vento muggia nella foresta,
    e muggia tra le nubi il tuono errante,
    pria che l’aurora in ciel fosse ridesta.
    O care nubi, o cielo, o terra, o piante,
    parte la donna mia: pietá, se trova
    pietá nel mondo un infelice amante.
    turbine, or ti sveglia, or fate prova
    di sommergermi o nembi, insino a tanto
    che il sole ad altre terre il dí rinnova.
    S’apre il ciel, cade il soffio, in ogni canto
    posan l’erbe e le frondi, e m’abbarbaglia
    le luci il crudo Sol pregne di pianto.



    2dim53q



    Il primo amore

    Giacomo Lepardi
    ¸.•♥•.¸¸.•♥•.¸¸.•♥•.¸¸.•♥•.¸

    Tornami a mente il dí che la battaglia
    d’amor sentii la prima volta, e dissi:
    — Oimè, se quest’è amor, com’ei travaglia! —
    Che, gli occhi al suol tuttora intenti e fissi,
    io mirava colei ch’a questo core
    primiera il varco ed innocente aprissi.
    Ahi, come mal mi governasti, amore!
    perché seco dovea sí dolce affetto
    recar tanto desio, tanto dolore?
    e non sereno, e non intero e schietto,
    anzi pien di travaglio e di lamento
    al cor mi discendea tanto diletto?
    Dimmi, tenero core, or che spavento,
    che angoscia era la tua fra quel pensiero
    presso al qual t’era noia ogni contento?
    quel pensier che nel dí, che lusinghiero
    ti si offeriva nella notte, quando
    tutto queto parea nell’emisfero:
    tu inquieto, e felice e miserando,
    m’affaticavi in su le piume il fianco,
    ad ogni or fortemente palpitando.
    E dove io tristo ed affannato e stanco
    gli occhi al sonno chiudea, come per febre
    rotto e deliro, il sonno venía manco.
    Oh, come viva in mezzo alle tenèbre
    sorgea la dolce imago, e gli occhi chiusi
    la contemplavan sotto alle palpèbre!
    oh, come soavissimi diffusi
    moti per l’ossa mi serpeano! oh, come
    mille nell’alma instabili, confusi
    pensieri si volgean! qual tra le chiome
    d’antica selva zefiro scorrendo,
    un lungo, incerto mormorar ne prome.
    E mentre io taccio, e mentre io non contendo,
    che dicevi, o mio cor, che si partía
    quella per che penando ivi e battendo?
    Il cuocer non piú tosto io mi sentía
    della vampa d’amor, che il venticello
    che l’aleggiava volossene via.
    Senza sonno io giacea sul dí novello,
    e i destrier, che dovean farmi deserto,
    battean la zampa sotto al patrio ostello.
    Ed io, timido e cheto ed inesperto,
    ver’ lo balcone al buio protendea
    l’orecchio avido e l’occhio indarno aperto,
    la voce ad ascoltar, se ne dovea
    di quelle labbra uscir, ch’ultima fosse;
    la voce ch’altro il cielo, ahi! mi togliea.
    Quante volte plebea voce percosse
    il dubitoso orecchio, e un gel mi prese,
    e il core in forse a palpitar si mosse!
    E poi che finalmente mi discese
    la cara voce al core, e de’ cavai
    e delle rote il romorio s’intese;
    orbo rimaso allor, mi rannicchiai
    palpitando nel letto e, chiusi gli occhi,
    strinsi il cor con la mano, e sospirai.
    Poscia traendo i tremuli ginocchi
    stupidamente per la muta stanza,
    — Ch’altro sará — dicea — che il cor mi tocchi? —
    Amarissima allor la ricordanza
    locómmisi nel petto, e mi serrava
    ad ogni voce il core, a ogni sembianza.
    E lunga doglia il sen mi ricercava,
    com’è quando a distesa Olimpo piove
    malinconicamente e i campi lava.
    Ned io ti conoscea, garzon di nove
    e nove soli, in questo a pianger nato,
    quando facevi, Amor, le prime prove;
    quando in ispregio ogni piacer, né grato
    m’era degli astri il riso, o dell’aurora
    queta il silenzio, o il verdeggiar del prato.
    Anche di gloria amor taceami allora
    nel petto, cui scaldar tanto solea,
    ché di beltade amor vi fea dimora.
    Né gli occhi ai noti studi io rivolgea,
    e quelli m’apparian vani, per cui
    vano ogni altro desir creduto avea.
    Deh! come mai da me sí vario fui,
    e tanto amor mi tolse un altro amore?
    Deh, quanto, in veritá, vani siam nui!
    Solo il mio cor piaceami, e col mio core
    in un perenne ragionar sepolto,
    alla guardia seder del mio dolore.
    E l’occhio, a terra chino o in sé raccolto,
    di riscontrarsi fuggitivo e vago
    né in leggiadro soffría né in turpe volto:
    ché la illibata, la candida imago
    turbare egli temea pinta nel seno,
    come all’aure si turba onda di lago.
    E quel di non aver goduto appieno
    pentimento, che l’anima ci grava,
    e il piacer che passò cangia in veleno,
    per li fuggiti dí mi stimolava
    tuttora il sen: che la vergogna il duro
    suo morso in questo cor giá non oprava.
    Al cielo, a voi, gentili anime, io giuro
    che voglia non m’entrò bassa nel petto,
    ch’arsi di foco intaminato e puro.
    Vive quel foco ancor, vive l’affetto,
    spira nel pensier mio la bella imago,
    da cui, se non celeste, altro diletto
    giammai non ebbi, e sol di lei m’appago.



    Edited by Denveth - 3/6/2023, 00:49
     
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  5. Tersicore*
     
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    William Adolphe Bouguerau



    Adolescente

    (V. Cardarelli)

    Su te, vergine adolescente,
    sta come un'ombra sacra.
    Nulla è più misterioso
    e adorabile e proprio
    della tua carne spogliata.
    Ma ti recludi nell'attenta veste
    e abiti lontano
    con la tua grazia
    dove non sai chi ti raggiungerà.
    Certo non io. Se ti veggo passare
    a tanta regale distanza,
    con la chioma sciolta
    e tutta la persona astata,
    la vertigine mi si porta via.
    Sei l'imporosa e liscia creatura
    cui preme nel suo respiro
    l'oscuro gaudio della carne che appena
    sopporta la sua pienezza.
    Nel sangue, che ha diffusioni
    di fiamma sulla tua faccia,
    il cosmo fa le sue risa
    come nell'occhio nero della rondine.
    La tua pupilla è bruciata
    del sole che dentro vi sta.
    La tua bocca è serrata.
    Non sanno le mani tue bianche
    il sudore umiliante dei contatti.
    E penso come il tuo corpo
    difficoltoso e vago
    fa disperare l'amore
    nel cuor dell'uomo!

    Pure qualcuno ti disfiorerà,
    bocca di sorgiva.
    Qualcuno che non lo saprà,
    un pescatore di spugne,
    avrà questa perla rara.
    Gli sarà grazia e fortune
    il non averti cercata
    e non sapere chi sei
    e non poterti godere
    con la sottile coscienza
    che offende il geloso Iddio.
    Oh si, l'animale sarà
    abbastanza ignaro
    per non morire prima di toccarti.
    E tutto è così.
    Tu anche non sai chi sei.
    E prendere ti lascerai,
    ma per vedere come il gioco è fatto,
    per ridere un poco insieme.

    Come fiamma si perde nella luce,
    al tocco della realtà
    i misteri che tu prometti
    si disciolgono in nulla.
    Inconsumata passerà
    tanta gioia!
    Tu ti dirai, tu ti perderai,
    per il capriccio che non indovina
    mai, col primo che ti piacerà.
    Ama il tempo lo scherzo
    che lo seconda,
    non il cauto volere che indugia.
    Così la fanciullezza
    fa ruzzolare il mondo
    e il saggio non è che un fanciullo
    che si duole di essere cresciuto.




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    Oggi che t'aspettavo

    (V. Cardarelli)

    Oggi che t'aspettavo
    non sei venuta
    e la tua assenza so quel che mi dice
    la tua assenza che tumultuava
    nel vuoto che hai lasciato
    come una stella
    dice che non vuoi amarmi
    quale un estivo temporale s'annuncia
    e poi s'allontana
    così ti sei negata alla mia sete
    l'amore sul nascere
    ha di questi improvvisi pentimenti
    silenziosamente ci siamo intesi
    amore, amore
    come sempre
    vorrei coprirti di fiori
    e d'insulti.



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    Passato

    (V. Cardarelli)

    I ricordi, queste ombre troppo lunghe
    del nostro breve corpo,
    questo strascico di morte
    che noi lasciamo vivendo,
    i lugubri e durevoli ricordi,
    eccoli già apparire:
    melanconici e muti
    fantasmi agitati da un vento funebre.
    E tu non sei più che un ricordo.

    Sei trapassata nella mia memoria.
    Ora sì, posso dire
    che m'appartieni
    e qualcosa fra di noi è accaduto
    irrevocabilmente.
    Tutto finì, così rapido!
    Precipitoso e lieve
    il tempo ci raggiunse.
    Di fuggevoli istanti ordì una storia
    ben chiusa e triste.
    Dovevamo saperlo che l'amore
    brucia la vita e fa volare il tempo.



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    Amore

    (V. Cardarelli)

    Come chi gioia e angoscia provi insieme
    gli occhi di lei così m'hanno lasciato.
    Non so pensarci. Eppure mi ritorna
    più e più insistente nell'anima
    quel suo fugace sguardo di commiato.
    E un dolce tormento mi trattiene
    dal prender sonno, ora ch'è notte e s'agita
    nell'aria un che di nuovo.
    Occhi di lei, vago tumulto. Amore,
    pigro incredulo amore, più per tedio
    che per gioco intrapreso, ora ti sento
    attaccato al mio cuore (debol ramo)
    come frutto come geme.
    Amore e primavera vanno insieme.
    Quel fatale e prescritto momento
    che ci diremo addio
    è già in ogni distacco
    del tuo volto dal mio.
    Cosa lieve è il tuo corpo!
    Basta ch'io l'abbandoni per sentirti
    crudelmente lontana.
    Il più corto saluto è fra noi due
    un commiato finale.
    Ogni giorno ti perdo e ti ritrovo
    così, senza speranza.
    Se tu sapessi com'è già remoto
    il ricordo dei baci
    che poco fa mi davi,
    di quel caro abbandono,
    di quel folle tuo amore ov'io non mordo
    se sapore di morte.



    2qcdsvd



    Foto di PETERVANALLEN



    Abbandono

    (V. Cardarelli)

    Volata sei, fuggita
    come una colomba
    e ti sei persa, là, verso oriente.
    Ma mi son rimasti i luoghi che ti videro
    e l'ore dei nostri incontri.
    Ore deserte,
    luoghi per me divenuti un sepolcro
    a cui faccio la guardia.



    2qcdsvd



    Edited by Denveth - 3/6/2023, 01:29
     
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    mani




    Incontro di due mani

    (Juan Ramon Jimenez)

    Incontro di due mani
    in cerca di stelle,
    nella notte!

    Con che pressione immensa
    si sentono le purezze immortali!

    Dolci, quelle due dimenticano
    la loro ricerca senza sosta,
    e incontrano, un istante,
    nel loro circolo chiuso,
    quel che cercavano da sole.

    Rassegnazione d'amore,
    tanto infinita come l'impossibile



    Edited by Denveth - 2/6/2023, 01:22
     
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  7. Tersicore*
     
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    Leonardo Da Vinci



    Il mio sogno familiare

    ( Paul Verlaine )

    Spesso mi viene in sogno bizzarra e penetrante
    Una donna mai vista, che amo e che mi ama,
    Che con lo stesso nome si chiama e non si chiama
    Diversa e uguale m'ama e sempre è confortante.

    È per me confortante, e il mio cuore parlante
    Per lei soltanto, ahimé! Non è più cosa grama
    Per lei soltanto, in fronte del sudore la trama
    Lei soltanto rinfresca, con le lacrime piante.
    È' bruna, bionda o rossa? Non mi è dato sapere.
    Il suo nome? Ricordo che è dolce e dà piacere.
    Come nomi diletti che la vita ha esiliato.

    All'occhio delle statue è simile il suo sguardo,
    Ed ha la voce calma, lontana, grave, il fiato
    Delle voci più care spente senza riguardo.



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    Le conchiglie

    ( Paul Verlaine )

    Ogni incrostata conchiglia che sta
    In quella grotta in cui ci siamo amati
    Ha la sua propria particolarità.

    Una dell'anima nostra ha la porpora
    Che ha succhiato nel sangue ai nostri cuori
    Quando io brucio e tu a quel fuoco ardi;

    Un'altra imita te nei tuoi languori
    E nei pallori tuoi di quando, stanca,
    Ce l'hai con me perché ho gli occhi beffardi.

    Questa fa specchio a come in te s'avvolge
    La grazia del tuo orecchio, un'altra invece
    Alla tenera e corta nuca rosa;

    Ma una sola, fra tutte, mi sconvolge.



    19rv4qvb



    Vola, canzone, rapida

    ( Paul Verlaine )

    Vola, canzone, rapida
    davanti a Lei e dille
    che, nel mio cuor fedele,
    gioioso ha fatto luce
    un raggio, dissipando,
    santo lume, le tenebre
    dell'amore: paura,
    diffidenza e incertezza.
    Ed ecco il grande giorno!
    Rimasta a lungo muta
    e pavida - la senti?
    - l'allegria ha cantato
    come una viva allodola
    nel cielo rischiarato.
    Vola, canzone ingenua,
    e sia la benvenuta
    senza rimpianti
    vani colei che infine torna.



    19rv4qvb



    William-Adolphe-Bouguereau-2
    William Adolphe Bouguereau




    Tutta Grazie e tutta sfumature

    ( Paul Verlaine )

    Tutta grazia e tutta sfumature,
    nello splendore dei suoi sedici anni,
    ha candore e civetterie innocenti
    propri di una bambina.

    I suoi occhi, che sono occhi d'un angelo,
    sanno tuttavia, senza pensarvi,
    risvegliare lo strano desiderio
    di un bacio immateriale.

    E la sua mano, piccola a tal punto
    da non poter tenere un colibrì,
    imprigiona il cuore che lei ha preso
    di nascosto, e non fa sperare fuga.

    L'intelligenza, in lei, giunge in soccorso
    alla nobile anima; lei è pura
    e spirituale: quello che ha detto
    doveva proprio dirlo!

    Se pure la stoltezza la diverte
    e la fa ridere senza pietà,
    ella sarebbe, se fosse una musa,
    clemente fino a diventare amica,

    fino all'amore - chi lo sa? può darsi,
    nei confronti di un poeta innamorato
    che mendicasse sotto la finestra,
    audace, un degno premio

    per la sua canzone, bella o brutta,
    ma testimoniando onestamente,
    senza note false né sciocchezze,
    il dolce male che si soffre amando.



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    Piange il mio cuore

    ( Paul Verlaine )

    Piange il mio cuore
    Come piove sulla città
    Cos'è questo languore
    Che penetra il mio cuore?

    O dolce rumore della pioggia
    Sulla terra e sopra i tetti!
    Per un cuore che s'annoia,
    Oh, il canto della pioggia

    Piange senza ragione
    Questo cuore che s'accora.
    Che! Nessun tradimento...?
    E' un lutto senza ragione.

    Ed è la peggior pena
    Non sapere perché
    Senza odio e senza amore
    Il mio cuore ha tanta pena!



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    Noi saremo

    ( Paul Verlaine )

    Noi saremo, a dispetto di stolti e di cattivi
    che certo guarderanno male la nostra gioia,

    talvolta, fieri e sempre indulgenti, è vero?
    Andremo allegri e lenti sulla strada modesta

    che la speranza addita, senza badare affatto
    che qualcuno ci ignori o ci veda, è vero?

    Nell'amore isolati come in un bosco nero,
    i nostri cuori insieme, con quieta tenerezza,

    saranno due usignoli che cantan nella sera.
    Quanto al mondo, che sia con noi dolce o irascibile,

    non ha molta importanza. Se vuole, esso può bene
    accarezzarci o prenderci di mira a suo bersaglio.

    Uniti dal più forte, dal più caro legame,
    e inoltre ricoperti di una dura corazza,
    sorrideremo a tutti senza paura alcuna.

    Noi ci preoccuperemo di quello che il destino
    per noi ha stabilito, cammineremo insieme
    la mano nella mano, con l'anima infantile
    di quelli che si amano in modo puro, vero?



    19rv4qvb



    A una donna

    ( Paul Verlaine )

    A te queste parole, per la consolatrice
    grazia dei tuoi grandi occhi, dove un tenero sogno
    ride e piange, per l'anima tua pura, così bella,
    a te queste parole, dal mio acre tormento!

    Ahimè, l'orrido incubo che sempre mi perseguita
    non mi dà tregua, infuria follemente, geloso,
    si va moltiplicando come un branco di lupi,
    si attacca al mio destino sporcandolo di sangue!

    Io soffro, è spaventosa la mia sofferenza,
    tale che, al suo confronto, è un'egloga il lamento
    del primo uomo, espulso dal giardino dell'Eden!

    Le preoccupazioni che puoi avere, cara,
    sono rondini in volo nel cielo del meriggio
    riscaldato dal sole di un giorno di settembre.



    19rv4qvb



    Letera

    ( Paul Verlaine )

    Signora, io, costretto a starmene lontano
    dai vostri occhi (chiamo gli dèi a testimoni),
    languisco e muoio come è mio costume in casi
    simili, e intanto ho il cuore pieno di amarezza
    e vivo tra gli affanni, con l'ombra vostra appresso,
    di giorno nei pensieri, di notte dentro i sogni,
    di giorno e di notte, signora mia adorabile!
    E così alla fine, facendo il corpo spazio
    all'anima, un fantasma diventerò a mia volta,
    e allora la mia ombra si fonderà alla vostra
    per sempre, nello spasmo lamentoso dei vani
    abbracci, dei molteplici, infiniti desideri.

    Nell'attesa, mia cara, sono il tuo servitore.

    Laggiù va tutto bene, va come piace a te?
    Il pappagallo, il gatto, il cane? E' sempre bella
    la compagnia laggiù? Quella certa Silvana
    di cui avrei amato l'occhio scuro se il tuo
    non fosse blu, e che a volte mi faceva dei segni
    (perbacco!), ti fa ancora da dolce confidente?

    Ora un'idea impaziente, signora, mi tormenta:
    riuscire a conquistare il mondo e i suoi tesori
    per deporli davanti ai vostri piedi come
    pegno - indegno - d'amore, di un amore uguale
    alle fiamme più celebri che hanno fatto risplendere
    le tenebre profonde dei grandi cuori.
    Fu meno amata Cleopatra, in fede mia, davvero,
    da Marcantonio e Cesare, che voi da me, signora,
    e non abbiate dubbi, perché saprò combattere
    come l'antico Cesare, per un sorriso, o mia
    Cleopatra, e come Antonio fuggire per un bacio.
    E adesso, cara, addio. Ho già parlato troppo.
    E il tempo che si perde per leggere una lettera
    non varrà mai la pena che ci si metta a scriverla.



    19rv4qvb



    In sordina

    ( Paul Verlaine )

    Calmi nella penombra
    che gli alti rami spargono
    penetriamo il nostro amore
    di questo silenzio profondo.

    Uniamo le nostre anime, i cuori
    ed i sensi in estasi,
    in mezzo ai vaghi languori
    dei pini e dei corbezzoli.

    Socchiudi gli occhi,
    incrocia le braccia sul seno,
    e dal tuo cuore assopito
    scaccia per sempre ogni progetto.

    Lasciamoci persuadere
    al dolce soffio che culla
    e che ai tuoi piedi viene ad increspare
    le onde di erba rossa.

    E quando, solenne, la sera
    cadrà dalle nere querce,
    voce della nostra disperazione
    l'usignolo canterà.



    19rv4qvb



    Desiderio

    ( Paul Verlaine )

    Ah, quegli appuntamenti! Ah, quelle prime amanti!
    Ed i capelli d'oro, e gli occhi azzurri, e il fiore
    delle carni. Ed ancora, tra gli odorosi corpi
    giovani e cari, i tocchi spontanei, timorosi!

    Sono così lontani tutti questi candori,
    tutti questi piaceri! Ahimè, sono fuggiti
    verso la primavera dei rimpianti i neri
    inverni della mia noia, del mio sconforto.

    Adesso eccomi solo, cupo e solitario,
    cupo e disperato, più gelido di un vecchio,
    un povero orfanello senza sorelle grandi.

    Oh, la donna che ama carezzevole e calda,
    dolce, pensosa e bruna, che mai si meraviglia,
    e a volte come un bimbo vi bacia sulla fronte!



    19rv4qvb



    Stanchezza

    ( Paul Verlaine )

    Un poco di dolcezza, dolcezza, sì, dolcezza!
    Calma un momento, cara, questi slanci febbrili.
    Talvolta, sai, l'amante, nel pieno del piacere,
    deve aver l'abbandono quieto di una sorella.

    Sii languida, accarezzami fino a farmi assopire,
    sono uguali i sospiri e gli sguardi cullanti.
    Eh sì, la gelosia e l'ossessivo spasimo
    non valgono un bel bacio, anche se menzognero.

    Ma tu mi dici, amore, che nel tuo cuore d'oro
    la passione selvaggia suona il corno da caccia...
    E lasciala suonare, la povera accattona!

    Appoggia la tua fronte sulla mia fronte e dammi
    la mano, e giura cose che presto scorderai.
    Piangiamo fino all'alba, mia piccola focosa!



    19rv4qvb



    Edited by Denveth - 3/6/2023, 01:46
     
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    Potessero le mie mani sfogliare

    Federico Garcia Lorca

    Pronunzio il tuo nome
    nelle notti scure,
    quando sorgono gli astri
    per bere dalla luna
    e dormono le frasche
    delle macchie occulte.
    E mi sento vuoto
    di musica e passione.
    Orologio pazzo che suona
    antiche ore morte.
    Pronunzio il tuo nome
    in questa notte scura,
    e il tuo nome risuona
    più lontano che mai.
    Più lontano di tutte le stelle
    e più dolente della dolce pioggia.
    T'amerò come allora
    qualche volta? Che colpa
    ha mai questo mio cuore?
    Se la nebbia svanisce,
    quale nuova passione mi attende?
    Sarà tranquilla e pura?
    Potessero le mie mani
    sfogliare la luna!



    2dim53q



    Giaccio da solo nella casa silenziosa

    (Federico García Lorca)

    Giaccio da solo nella casa silenziosa,
    la lampada è spenta,
    e stendo pian piano le mie mani
    per afferrare le tue,
    e lentamente spingo la mia fervente bocca
    verso di te e bacio me fino a stancarmi e ferirmi
    – e all’improvviso son sveglio,
    ed intorno a me la fredda notte tace,
    luccica nella finestra una limpida stella –
    o tu, dove sono i tuoi capelli biondi,
    dov’è la tua dolce bocca?
    Ora bevo in ogni piacere la sofferenza
    e veleno in ogni vino;
    mai avrei immaginato che fosse tanto amaro
    essere solo
    essere solo e senza di te!



    2dim53q



    Edited by Denveth - 3/6/2023, 10:07
     
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    Verrò quando sarai più triste

    ( Emily Brontë )

    Verrò quando sarai più triste,
    steso nell’ombra che sale alla tua stanza;
    quando il giorno demente ha perso il suo tripudio,
    e il sorriso di gioia è ormai bandito
    dalla malinconia pungente della notte.
    Verrò quando la verità del cuore
    dominerà intera, non obliqua,
    ed il mio influsso su di te stendendosi,
    farà acuta la pena, freddo il piacere,
    e la tua anima porterà lontano.
    Ascolta, è proprio l’ora,
    l’ora tremenda per te:
    non senti rullarti nell’anima
    uno scroscio di strane emozioni,
    messaggere di un comando più austero,
    araldi di me?



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    Sogno, dove sei ora?

    ( Emily Brontë )

    Sogno, dove sei ora?
    Tanto tempo è trascorso
    Da quando la luce svanì
    Dalla tua fronte d’angelo
    Ohimè, ohimè
    Eri così lucente e bello!
    Non avrei mai creduto che
    Il ricordo tuo portasse solo dolore!
    La tempesta e i raggi del sole
    Il divino crepuscolo estivo
    La notte, immobile in un silenzio solenne,
    La luna, piena e scintillante e senza nubi,
    Una volta tutto si legava a te,
    E ora solo una pena indicibile.
    Visione perduta! Basta …
    Non puoi più splendere ormai



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    Non dovresti conoscere la disperazione

    ( Emily Brontë )

    Non dovresti conoscere la disperazione
    se le stelle scintillano ogni notte
    se la rugiada scende silenziosa a sera
    e il sole indora il mattino.
    Non dovresti conoscere la disperazione seppure
    le lacrime scorrano a fiumi:
    non sono gli anni più amati
    per sempre presso il tuo cuore:
    Piangono, tu piangi, così deve essere:
    il vento sospira dei tuoi sospiri,
    e dall’inverno cadono lacrime di neve
    là dove giacciono le foglie d’autunno:
    pure, presto rinascono, e il tuo destino
    dal loro non può separarsi:
    continua il tuo viaggio, se non con gioia
    pure, mai con disperazione!



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    Amore e amicizia

    (Emily Brontë)

    Amore è come una rosa canina,
    Amicizia è un agrifoglio –
    È bruno l’agrifoglio quando la rosa è in boccio
    ma chi dei due verdeggerà più a lungo?
    La rosa selvaggia è dolce in primavera,
    i suoi fiori profumano l’estate,
    ma aspetta che l’inverno ricompaia
    e chi loderà la bellezza del rovo?
    Sdegna la fatua corona di rose
    e véstiti di lucido agrifoglio,
    perché Dicembre che sfiora la tua fronte
    ti lasci ancora una verde ghirlanda.



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    Edited by Denveth - 5/6/2023, 23:10
     
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  10. Tersicore*
     
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    Il vuoto di lunghi anni di distanza

    ( Emily Dickinson )
    rose-inverno
    Il vuoto di lunghi anni di distanza
    può un attimo colmare,
    poiché l’assenza del mago non rompe
    l’incantesimo.
    Ceneri di mill’anni
    scoperte dalla mano
    che le nutriva quand’erano fuoco,
    arderanno di nuovo, e intenderanno.



    rose-invernorose-invernorose-inverno



    Edited by Denveth - 6/6/2023, 00:11
     
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  11. Tersicore*
     
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    Poesia d’amore

    ( Boris Leonidivic' Pasternak )

    Nessuno sarà a casa
    solo la sera. Il solo
    giorno invernale nel vano trasparente
    delle tende scostate.
    Di palle di neve solo, umide, bianche
    la rapida sfavillante traccia.
    Soltanto tetti e neve e tranne
    i tetti e la neve, nessuno.
    E di nuovo ricamerà la brina,
    e di nuovo mi prenderanno
    la tristezza di un anno trascorso
    e gli affanni di un altro inverno,
    e di nuovo mi tormenteranno
    per una colpa non ancora pagata,
    e la finestra lungo la crociera
    una fame di legno serrerà.
    Ma per la tenda d’un tratto
    scorrerà il brivido di un’irruzione.
    Il silenzio coi passi misurando
    tu entrerai, come il futuro.
    Apparirai presso la porta,
    vestita senza fronzoli, di qualcosa di bianco,
    di qualcosa proprio di quei tessuti
    di cui ricamano i fiocchi.



    ghiaccio



    Edited by Denveth - 6/6/2023, 00:41
     
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    Non è il tuo amore che domando

    ( Anna A. Achmatova )

    Non è il tuo amore che domando.
    Si trova adesso in un luogo conveniente.
    Stanne pur certo, lettere gelose
    non scriverò alla tua fidanzata.
    Però accetta dei saggi consigli:
    dalle da leggere i miei versi,
    dalle da custodire i miei ritratti,
    sono così cortesi i fidanzati!
    E conta più per queste scioccherelle
    assaporare a fondo una vittoria
    che luminose parole di amicizia,
    e il ricordo dei primi, dolci giorni...
    Ma allorché con la diletta amica
    avrai vissuto spiccioli di gioia
    e all'anima già sazia d'improvviso
    tutto parrà un peso,
    non accostarti alla mia notte trionfale.
    Non ti conosco.
    E in cosa potrei esserti d'aiuto?
    Dalla felicità io non guarisco.



    Edited by Denveth - 6/6/2023, 02:07
     
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    Ancora abbiamo perso questo tramonto

    ( Pablo Neruda )

    Ancora abbiamo perso questo tramonto.
    Nessuno stasera ci vide con le mani unite
    mentre il vento azzurro cadeva sopra il mondo.
    Ho visto dalla mia finestra
    la festa del ponente sui monti lontani.
    A volte, come una moneta
    si incendiava un pezzo di sole tra le mani.
    Io ti ricordavo con l’anima stretta
    da quella tristezza che tu mi conosci.
    Allora dove eri?
    Tra quali genti?
    Che parole dicendo?
    Perché mi arriva tutto l’amore d’un colpo
    quando mi sento triste e ti sento così lontana?
    Cadde il libro che sempre si prende nel tramonto
    e come un cane ferito ai miei piedi rotolò la mia cappa.
    Sempre, sempre ti allontani nelle sera
    dove corre il tramonto cancellando statue.



    Edited by Denveth - 3/6/2023, 01:51
     
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    E sto abbracciato a te

    ~ Pedro Salinas ~

    E sto abbracciato a te
    senza chiederti nulla, per timore
    che non sia vero
    che tu vivi e mi ami.
    E sto abbracciato a te
    senza guardare e senza toccarti.
    Non debba mai scoprire
    con domande, con carezze,
    quella solitudine immensa
    d'amarti solo io.





    Penso a te nel silenzio della notte

    ( Fernando Pessoa )


    Penso a te nel silenzio della notte, quando tutto è nulla,
    e i rumori presenti nel silenzio sono il silenzio stesso,
    allora, solitario di me, passeggero fermo
    di un viaggio senza Dio, inutilmente penso a te.
    tutto il passato, in cui fosti un momento eterno,
    è come questo silenzio di tutto.
    tutto il perduto, in cui fosti quel che più persi,
    è come questi rumori,
    tutto l’inutile, in cui fosti quel che non doveva essere,
    è come il nulla che sarà in questo silenzio notturno.
    ho visto morire, o sentito che morirono,
    quanti amai o conobbi,
    ho visto non saper più nulla di quelli che un po’ andarono
    con me, e poco importa se fu un’ora o qualche parola;
    o un passeggio emotivo e muto,
    e il mondo oggi per me è un cimitero di notte,
    bianco e nero di tombe e alberi e di estraneo chiardiluna
    ed è in questa quiete assurda di me e di tutto
    che penso a te.





    Amica mia

    (Guillaume Apollinaire)

    Amica mia penso a te,
    Al tuo color di sole alla tua grazia.
    La casa è vuota da quando il mio raggio di sole
    È andato a tuffarsi in mare.
    Se vedi i sommergibili
    Di’ loro che t’amo.
    Se le nubi s’addensano
    Di’ loro che t’adoro.
    Se la mareggiata infuria sugli scogli della riva
    Di’ agli scogli che sei la mia pietra preziosa.
    Se qualche granello di sabbia brilla tra i mille granelli
    di sabbia della spiaggia
    Digli che sei la sola gemma che amo.
    Quando vedrai il postino
    Digli con quanta impazienza aspetto le tue lettere.
    Ti mando mille baci mille carezze
    Che ti raggiungeranno come le parole raggiungono
    l’antenna del telegrafo senza fili.
    Se vedi dei feriti
    Digli che la mia sola ferita è quella che hai inferto
    al mio cuore.
    Se a volte pensi pensa che il mio pensiero è sempre
    con te.
    E che t’adoro.





    Sarei già andato davvero lontano

    ( Johann Wolfgang Goethe )

    Sarei già andato davvero lontano,
    Tanto lontano quanto è grande il mondo,
    Se non mi trattenessero le stelle
    Che hanno legato il mio al tuo destino,
    Così che solo in te posso conoscermi.
    E la poesia, i sogni, il desiderio,
    Tutto mi spinge a te, alla tua natura,
    E dalla tua dipende la mia vita.





    Ti adoro

    ( Charles Baudelaire )

    Ti adoro al pari della volta notturna,
    o vaso di tristezza, o grande taciturna!
    E tanto più t’amo quanto più mi fuggi, o bella,
    e sembri, ornamento delle mie notti,
    ironicamente accumulare la distanza
    che separa le mie braccia dalle azzurrità infinite.
    Mi porto all’attacco, m’arrampico all’assalto
    come fa una fila di vermi presso un cadavere e amo,
    fiera implacabile e cruda, sino la freddezza
    che ti fa più bella ai miei occhi.





    Che farmene delle stelle

    ( Jannis Ritsos )

    Che farmene delle stelle,
    di questo vento leggero che mi accarezza la sera,
    che farmene di una finestra spalancata sul mondo,
    sull’orizzonte, se tu non ci sei?
    Tutto ha una luce diversa se sei qui con me.
    Tutto ha senso solo se posso raccontartelo.
    Il mondo è semplicemente nel tuo abbraccio.





    Sento i tuoi passi nella sala

    ( Karin Boye )

    Sento i tuoi passi nella sala,
    sento in ogni nervo i tuoi rapidi passi
    che nessuno nota altrimenti.
    Intorno a me soffia un vento di fuoco.
    Sento i tuoi passi, i tuoi amati passi,
    e l’anima fa male.
    Cammini lontano nella sala,
    ma l’aria ondeggia dei tuoi passi
    e canta come canta il mare.
    Ascolto, prigioniera dell’oppressione che consuma.
    Nel ritmo del tuo ritmo, nel tempo del tuo tempo
    batte il mio polso nella fame.



    Edited by Denveth - 23/4/2023, 12:11
     
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