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Tersicore*.
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Frank Bernard Dicksee: Romeo and JiulietRomeo e Giulietta
Silenzio! Quale luce irrompe da quella finestra lassù?
È l'oriente, e Giulietta è il sole.
Sorgi, vivido sole, e uccidi l'invidiosa luna,
malata già e pallida di pena
perché tu, sua ancella, di tanto la superi in bellezza.
Non essere la sua ancella, poiché la luna è invidiosa.
Il suo manto di vestale è già di un verde smorto,
e soltanto i pazzi lo indosano. Gettalo via.
È la mia donna; oh, è il mio amore!
se soltanto sapesse di esserlo.
Parla, pure non dice nulla. Come accade?
Parlano i suoi occhi; le risponderò.
No, sono troppo audace; non parla a me;
ma due stelle tra le più lucenti del cielo,
dovendo assentarsi, implorano i suoi occhi
di scintillare nelle loro sfere fino a che non ritornino.
E se davvero i suoi occhi fossero in cielo, e le stelle nel suo viso?
Lo splendore del suo volto svilirebbe allora le stelle
come fa di una torcia la luce del giorno; i suoi occhi in cielo
fluirebbero per l'aereo spazio così luminosi
che gli uccelli canterebbero, credendo finita la notte.
Guarda come posa la guancia sulla mano!
Oh, fossi un guanto su quella mano
e potessi sfiorarle la guancia!
(William Shakespeare)All'amata
Se leggi questi versi,
dimentica la mano che li scrisse:
t'amo a tal punto
che non vorrei restar
nei tuoi dolci pensieri,
se il pensare a me
ti facesse soffrire.
(William Shakespeare)Fà pure del tuo peggio per sfuggirmi
Fa' pure del tuo peggio per sfuggirmi
tu in me vivrai per tutta la mia vita
e vita non durerà più a lungo del tuo amore,
perché sol da questo affetto essa dipende.
Quindi temer non devo il peggior dei torti
quando nel più piccolo la mia vita ha fine;
mi par di meritare miglior sorte
di quella che è balia dei tuoi capricci.
Non puoi torturarmi con la tua incostanza
perchè nel tuo disdegno muore la mia vita:
o che beato titolo solo io posseggo,
felice del tuo amore, felice di morire!
Ma esiste felicità che nuvole non tema?
Tu potresti ingannarmi ed io non saperlo.
(William Shakespeare)
Non ti amo con i miei occhi
Per la verità, io non ti amo coi miei occhi,
perché essi vedono in te un mucchio di difetti;
ma è il mio cuore che ama quel che loro disprezzano
e, apparenze a parte, ne gode alla follia.
Né i miei orecchi delizia il timbro della tua voce,
né la mia sensibilità è incline a vili toccamenti,
né il mio gusto e l’olfatto bramano l’invito
al banchetto dei sensi con te soltanto.
Ma né i miei cinque spiriti, né i miei cinque sensi
possono dissuadere questo mio sciocco cuore dal tuo servizio,
avendo ormai perso ogni sembianza umana,
ridotto a schiavo e misero vassallo del tuo superbo cuore.
Solo in questo io considero la mia peste un bene:
che chi mi fa peccare, m’infligge pure la penitenza.
(William Shakespeare)Sonetto 1
Alle meraviglie del creato noi chiediam progenie
perché mai si estingua la rosa di bellezza,
e quando ormai sfiorita un dì dovrà cadere,
possa un suo germoglio continuarne la memoria:
ma tu, solo devoto ai tuoi splendenti occhi,
bruci te stesso per nutrir la fiamma di tua luce
creando miseria là dove c’è ricchezza,
tu nemico tuo, troppo crudele verso il tuo dolce io.
Ora che del mondo sei tu il fresco fiore
e l’unico araldo di vibrante primavera,
nel tuo stesso germoglio soffochi il tuo seme
e, giovane spilorcio, nell’egoismo ti distruggi.
Abbi pietà del mondo o diverrai talmente ingordo
da divorar con la tua morte quanto a lui dovuto.
(William Shakespeare)Sonetto 10
È infamia il tuo negare amore verso gli altri
tu che per te stesso sei così inaccorto.
Si può ammettere, se vuoi, che sei da molti amato
ma è molto più evidente che tu non ami alcuno:
sei tanto posseduto da odio distruttore
che neppur contro te stesso esiti a tramare,
portando alla rovina una splendida dimora
che per tuo desiderio dovresti rinsaldare.
Muta il tuo pensiero affinché io muti il mio sentire!
Dev’essere meglio accolto l’odio dell’amore?
Sii piacente e generoso come la tua persona
o prova a te stesso almeno il tuo nobil cuore:
fa’, per amor mio, che un altro te abbia vita
affinché la tua bellezza continui a rifiorire.
(William Shakespeare)Sonetto 18
Posso paragonarti a un giorno d’estate?
Tu sei più amabile e più tranquillo.
Venti forti scuotono i teneri boccioli di Maggio,
e il corso dell’estate ha fin troppo presto una fine.
Talvolta troppo caldo splende l’occhio del cielo,
e spesso la sua pelle dorata s’oscura;
ed ogni cosa bella la bellezza talora declina,
spogliata per caso o per il mutevole corso della natura.
Ma la tua eterna estate non dovrà svanire,
né perder la bellezza che possiedi,
né dovrà la morte farsi vanto che tu vaghi nella sua ombra,
quando in eterni versi nel tempo tu crescerai:
finché uomini respireranno o occhi potran vedere,
queste parole vivranno, e daranno vita a te.
(William Shakespeare)Sonetto 22
Lo specchio non mi convincerà che sono vecchio,
finché tu e giovinezza avrete la stessa età;
ma quando in te io scorgerò i solchi del tempo
attenderò che morte dia pace ai giorni miei.
Poiché tutta la bellezza che ti inonda
altro non è che degna veste del mio cuore
che vive nel tuo petto, come il tuo nel mio:
come potrei dunque esser io più vecchio?
Perciò, amore, abbi cura di te stesso
così come io farò, non per me, ma per te
custodendo il tuo cuore che terrò così prezioso
qual tenera nutrice il suo bimbo da mal protegga.
Non sperare nel tuo cuore quando il mio sarà distrutto:
tu mi hai donato il tuo non per averlo indietro.
(William Shakespeare)Sonetto 24
Il mio occhio s'è fatto pittore ed ha tracciato
L'immagine tua bella sul quadro del mio cuore;
il mio corpo è cornice in cui è racchiusa,
prospettica, eccellente arte pittorica,
ché attraverso il pittore devi vederne l'arte
per trovar dove sia la tua autentica immagine dipinta,
custodita nella bottega del mio seno,
che ha gli occhi tuoi per vetri alle finestre.
Vedi ora come gli occhi si aiutino a vicenda:
i miei hanno tracciato la tua figura e i tuoi
son finestre al mio seno, per cui il sole
gode affacciarsi ad ammirare te.
Però all'arte dell'occhio manca la miglior grazia:
ritrae quello che vede, ma non conosce il cuore.
(William Shakespeare)Sonetto 57
Essendo schiavo tuo, che altro potrei fare
se non servir ore e momenti di ogni tuo volere?
Non è prezioso il tempo che io ho da spendere,
né servigi da rendere finché tu non li chieda.
Né oso io dolermi di quei momenti senza fine
mentre, mio signore, guardo l’ora in tua attesa,
né giudico esasperante l’amarezza dell’assenza
quando al tuo servitore tu hai detto addio.
Né oso domandare al mio pensier geloso
ove tu possa essere o supporre cosa stia facendo,
ma in triste schiavitù io aspetto e solo penso
quanto tu renda felice chi ti sta vicino.
L’amore è così sciocco che in ogni tuo piacere,
qualunque sia il tuo agire, non crede in alcun male.
(William Shakespeare)Sonetto 46
I miei occhi e il cuore sono in conflitto estremo
per contendersi l’immagine della tua persona:
gli occhi al cuor vorrebbero celare la tua effigie,
agli occhi il cuor contesta la libertà di tal diritto.
Il cuore a difesa adduce che tu dimori in lui
– un tempio mai violato da sguardi penetranti –
ma gli accusati negano tal dissertazione,
dicendo che in loro giace il tuo bel sembiante.
Per attribuir questo diritto si convoca in giuria
un esame dei pensieri che al cuore son fedeli,
e per verdetto loro viene aggiudicata
la parte dei puri occhi e quella del caro cuore:
così: agli occhi spetta la tua esteriorità,
e diritto del mio cuore è il tuo profondo amore.
(William Shakespeare)Sonetto 47
I miei occhi e il cuore son venuti a patti
ed or ciascuno all’altro il suo ben riversa:
se i miei occhi son desiosi di uno sguardo,
o il cuore innamorato si distrugge di sospiri,
gli occhi allor festeggian l’effigie del mio amore
e al fantastico banchetto invitano il mio cuore;
un’altra volta gli occhi son ospiti del cuore
che a lor partecipa il suo pensier d’amore.
Così, per la tua immagine o per il mio amore,
anche se lontano sei sempre in me presente;
perché non puoi andare oltre i miei pensieri
e sempre io son con loro ed essi son con te;
o se essi dormono, in me la tua visione
desta il cuore mio a delizia sua e degli occhi.
(William Shakespeare)Sonetto 73
In me tu vedi quel periodo dell’anno
quando nessuna o poche foglie gialle ancor resistono
su quei rami che fremon contro il freddo,
nudi archi in rovina ove briosi cantarono gli uccelli.
In me tu vedi il crepuscolo di un giorno
che dopo il tramonto svanisce all’occidente
e a poco a poco viene inghiottito dalla notte buia,
ombra di quella vita che tutto confina in pace.
In me tu vedi lo svigorire di quel fuoco
che si estingue fra le ceneri della sua gioventù
come in un letto di morte su cui dovrà spirare,
consunto da ciò che fu il suo nutrimento.
Questo in me tu vedi, perciò il tuo amor si accresce
per farti meglio amare chi dovrai lasciar fra breve.
(William Shakespeare)Sonetto 88
Quando avrai deciso di non stimarmi più
ed esporrai i miei meriti al pubblico disprezzo,
contro me stesso combatterò al tuo fianco
e proverò che sei sincero pur sapendoti spergiuro.
Conoscendo a fondo ogni mia mancanza,
a tuo sostegno potrei portare a conoscenza
colpe nascoste di cui mi son macchiato,
affinché perdendomi tu possa averne gloria:
e in tal modo anch’io ne sarei gratificato:
perché volgendo a te ogni mio pensier d’amore,
le gravi accuse che imputerò a me stesso,
dando a te un vantaggio, doppio per me sarà.
Il mio amore è così grande, talmente ti appartengo,
che per la tua ragione sopporterò ogni torto.
(William Shakespeare)Sonetto 91
Vi è chi vanta la propria nascita, chi l’ingegno,
chi la ricchezza, chi la forza fisica,
chi il vestire alla moda anche se stravagante,
chi vanta falchi e cani e chi i cavalli.
E ogni temperamento ha una sua tendenza innata
in cui trova una gioia superiore al resto;
ma queste piccolezze non s’addicon al mio metro:
io tutte le miglioro in un solo immenso bene.
Per me il tuo amore è meglio di nobili natali,
più ricco della ricchezza, più fiero dell’eleganza,
di maggior diletto dei falchi o dei cavalli
e avendo te, di ogni vanto umano io mi glorio:
sfortunato solo in questo, che tu puoi togliermi
ogni cosa e far di me l’essere più misero.
(William Shakespeare)Sonetto 92
Fa' pure del tuo peggio per sfuggirmi
tu in me vivrai per tutta la mia vita
e vita non durerà più a lungo del tuo amore,
perché sol da questo affetto essa dipende.
Quindi temer non devo il peggior dei torti
quando nel più piccolo la mia vita ha fine;
mi par di meritare miglior sorte
di quella che è balia dei tuoi capricci.
Non puoi torturarmi con la tua incostanza
perchè nel tuo disdegno muore la mia vita:
o che beato titolo solo io posseggo,
felice del tuo amore, felice di morire!
Ma esiste felicità che nuvole non tema?
Tu potresti ingannarmi ed io non saperlo.
(William Shakespeare)Sonetto 109
No, non dire mai che il mio cuore è stato falso
anche se l’assenza sembrò ridurre la mia fiamma;
come non è facil ch’io mi stacchi da me stesso,
così è della mia anima che vive nel tuo petto:
quello è il rifugio mio d’amore; se ho vagato
come chi viaggia, io di nuovo lì ritorno
fedelmente puntuale, non mutato dagli eventi,
tanto ch’io stesso porto acqua alle mie colpe.
Non credere mai, pur se in me regnassero
tutte le debolezze che insidiano la carne,
ch’io mi possa macchiare in modo tanto assurdo
da perdere per niente la somma dei tuoi pregi:
perché niente io chiamo questo immenso universo
tranne te, mia rosa; in esso tu sei il mio tutto.
(William Shakespeare)
Sonetto 130
Gli occhi della mia donna non sono come il sole;
il corallo è molto più rosso delle sue labbra:
se la neve è bianca, allora perché i suoi seni sono grigi?
Se i capelli devono essere filamenti, fili neri crescono sulla sua testa
Ho visto rose variegate, rosse e bianche,
ma non ho visto alcuna rosa sulle sue guance;
e c’è più delizia in altri profumi
che nell’alito che il mio amore esala.
mi piace sentirla parlare, perché so
che la sua voce, per me, è come musica;
quando la vidi non mi sembrò una dea:
la mia donna, quando cammina, non ha grazia.
E nonostante ciò, il mio amore è cosi raro
come se lei fosse stata elogiata da falsi paragoni.
(William Shakespeare)Non mangia che colombe l'amore,
e ciò genera sangue caldo,
e il sangue caldo genera caldi pensieri
e i caldi pensieri generano calde azioni,
e le calde azioni sono l'amore.
(William Shakespeare)
Edited by Denveth - 21/4/2023, 02:08. -
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Albert Joseph Moore - Conchiglie (1841-1893)Iscinta e scalza, con le trezze avvolte
(Boccaccio)
Iscinta e scalza, con le trezze avvolte,
e d'uno scoglio in altro trapassando,
conche marine da quelli spiccando,
giva la donna mia con le altre molte.
E l'onde, quasi in sé tutte raccolte,
con picciol moto i bianchi piè bagnando,
innanzi si spingevan mormorando
e ritraènsi iterando le volte.
E se tal volta, forse di bagnarsi
temendo, i vestimenti in su tirava,
sì ch'io vedeo più della gamba schiuso,
oh, quali avria veduto allora farsi,
chi rimirato avesse dov'io stava,
gli occhi mia vaghi di mirar più suso!
Botticelli "Primavera" particolareD'oro crespi capelli
(Boccaccio)
D'oro crespi capelli e annodati
da sé e da verde frondi e bianchi fiori,
un angelico viso e due splendori
simili a stelle, e atti non usati
veder fra noi, vezzosi e riposati,
e un cantar di più gioiosi amori
soave e lieto ben tra mille fiori
del primo tempo, insieme radunati
in un giardino nato ad un bel fonte,
pos'Amore in amare alla mia mente
libera ancora, semplice e leggera.
Né pria, dal canto desto, alza' la fronte,
che tutte l'accerchiar subitamente
e presa a lui la dier, che vicin era.
Vladimir Gusev-1957Sulla poppa sedea d'una barchetta
(Boccaccio)
Sulla poppa sedea d'una barchetta,
che 'l mar segando presta era tirata,
la donna mia con altre accompagnata,
cantando or una or l'altra canzonetta.
Or questo lito ed. or quest'isoletta,
ed ora questa ed or quella brigata
di donne visitando, era mirata
qual discesa dal cielo un'angioletta.
Io, che seguendo lei vedeva farsi
da tutte parti incontro a rimirarla
gente, vedea come miracol nuovo.
Ogni spirito mio in me destarsi
sentiva, e con amor di commendarla
sazio non vedea mai il ben ch'io provo
Edited by Denveth - 28/5/2023, 01:39. -
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La nascita di Venere - Botticelli
Erano i capei d’oro a l’aura sparsi
(Francesco Petrarca)
Erano i capei d’oro a l’aura sparsi
che ’n mille dolci nodi gli avolgea,
e ’l vago lume oltra misura ardea
di quei begli occhi, ch’or ne son sì scarsi;
e ’l viso di pietosi color’ farsi,
non so se vero o falso, mi parea:
i’ che l’esca amorosa al petto avea,
qual meraviglia se di sùbito arsi?
Non era l’andar suo cosa mortale,
ma d’angelica forma; e le parole
sonavan altro che, pur voce umana;
uno spirto celeste, un vivo sole
fu quel ch’i’ vidi: e se non fosse or tale,
piagha per allentar d’arco non sana.
Benedetto sia ' l giorno e ' l mese e l ' anno
(Francesco Petrarca )
Benedetto sia ' l giorno e ' l mese e l ' anno
e la stagione e ' l tempo e l ' ora e ' l punto
e ' l bel paese e ' l loco ov' io fui giunto
da' duo begli occhi che legato m ' ànno ;
e benedetto il primo dolce affanno
ch ' i' ebbe ad essere con amor congiunto ,
e l ' arco e le saette ond ' io fui punto ,
e le piaghe che 'infin al cor mi vanno .
Benedette le voci tante ch ' io
chiamando il nome di mia Donna ò sparte ,
e i sospiri e le lagrime e ' l desio ;
e benedette sian tutte le carte
ov ' io fama l'acquisto , e ' l pensier mio ,
ch ' è sol di lei , sì ch 'altra non v'à parte .
Io amai sempre et amo forte ancora (Sonetto LXXXV)
(Francesco Petrarca)
Io amai sempre et amo forte ancora
e son per amar più di giorno i n giorno
quel dolce loco ove piangendo torno
spesse fiate quando Amor m ' accora ,
e son fermo d'amare il tempo e l 'ora
ch 'ogni vil cura mi levar dintorno ,
e più colei lo cui bel viso adorno
di ben far co ' suoi esempli m' innamora .
Ma chi pensò veder mai tutti insieme ,
per assalirmi il core or quindi or quinci ,
questi dolci nemici ch ' i ' tant ' amo ?
Amor , con quanto sforzo oggi mi vinci !
E se non ch 'al desio cresce la speme ,
i ' cadrei morto , ove più viver bramo .
Zephiro torna, e ‘l bel tempo rimena(Canzoniere, CCCX)
(Francesco petrarca)
Zefiro torna, e 'l bel tempo rimena,
e i fiori e l'erbe, sua dolce famiglia,
et garrir Progne et pianger Filomena,
e primavera candida e vermiglia.
Ridono i prati, e 'l ciel si rasserena;
Giove s'allegra di mirar sua figlia;
l'aria e l'acqua e la terra è d'amor piena;
ogni animal d'amar si riconsiglia.
Ma per me, lasso, tornano i più gravi
sospiri, che del cor profondo tragge
quella ch'al ciel se ne portò le chiavi;
e cantar augelletti, e fiorir piagge,
e 'n belle donne oneste atti soavi
sono un deserto, e fere aspre e selvagge.
Miranda-John-William-Waterhouse
Chiare fresche e dolci acque
(Francesco Petrarca)
Chiare fresche e dolci acque
ove le belle membra
pose colei che sola a me par donna;
gentil ramo, ove piacque,
(con sospir mi rimembra)
a lei di fare al bel fianco colonna;
erba e fior che la gonna
leggiadra ricoverse con l'angelico seno;
aere sacro sereno
ove Amor co' begli occhi il cor m'aperse:
date udienza insieme
a le dolenti mie parole estreme.
S'egli è pur mio destino,
e 'l cielo in ciò s'adopra,
ch'Amor quest'occhi lagrimando chiuda,
qualche grazia il meschino
corpo fra voi ricopra,
e torni l'alma al proprio albergo ignuda;
la morte fia men cruda
se questa spene porto
a quel dubbioso passo,
ché lo spirito lasso
non poria mai più riposato porto
né in più tranquilla fossa
fuggir la carne travagliata e l'ossa.
Tempo verrà ancor forse
ch'a l'usato soggiorno
torni la fera bella e mansueta,
e là 'v'ella mi scorse
nel benedetto giorno,
volga la vista disiosa e lieta,
cercandomi; ed o pietà!
già terra infra le pietre
vedendo, Amor l'inspiri
in guisa che sospiri
sì dolcemente che mercé m'impetre,
e faccia forza al cielo
asciugandosi gli occhi col bel velo.
Da' be' rami scendea,
(dolce ne la memoria)
una pioggia di fior sovra 'l suo grembo;
ed ella si sedea
umile in tanta gloria,
coverta già de l'amoroso nembo;
qual fior cadea sul lembo,
qual su le treccie bionde,
ch'oro forbito e perle
eran quel dì a vederle;
qual si posava in terra e qual su l'onde,
qual con un vago errore
girando perea dir: "Qui regna Amore".
Quante volte diss'io
allor pien di spavento:
"Costei per fermo nacque in paradiso!".
Così carco d'oblio
il divin portamento
e 'l volto e le parole e'l dolce riso
m'aveano, e sì diviso
da l'imagine vera,
ch'i' dicea sospirando:
"Qui come venn'io o quando?"
credendo esser in ciel, non là dov'era.
Da indi in qua mi piace
quest'erba sì ch'altrove non ò pace.
Se tu avessi ornamenti quant'ai voglia,
poresti arditamente
uscir del bosco e gir infra la gente.
Edited by Denveth - 31/5/2023, 22:22. -
Tersicore*.
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A Silvia
Giacomo Leopardi
•♥•*´¨`*•♥•*´¨`*•♥•*´¨`*•♥•
Silvia, rimembri ancora
quel tempo della tua vita mortale,
quando beltà splendea
negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
e tu, lieta e pensosa, il limitare
di gioventù salivi?
Sonavan le quiete
stanze, e le vie dintorno,
al tuo perpetuo canto,
allor che all'opre femminili intenta
sedevi, assai contenta
di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
così menare il giorno.
Io gli studi leggiadri
talor lasciando e le sudate carte,
ove il tempo mio primo
e di me si spendea la miglior parte,
d'in su i veroni del paterno ostello
porgea gli orecchi al suon della tua voce,
ed alla man veloce
che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno,
le vie dorate e gli orti,
e quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Lingua mortal non dice
quel ch'io sentiva in seno.
Che pensieri soavi,
che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
la vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
un affetto mi preme
acerbo e sconsolato,
e tornami a doler di mia sventura.
O natura, o natura,
perché non rendi poi
quel che prometti allor? perché di tanto
inganni i figli tuoi?
Tu pria che l'erbe inaridisse il verno,
da chiuso morbo combattuta e vinta,
perivi, o tenerella. E non vedevi
il fior degli anni tuoi;
non ti molceva il core
la dolce lode or delle negre chiome,
or degli sguardi innamorati e schivi;
né teco le compagne ai dì festivi
ragionavan d'amore.
Anche peria tra poco
la speranza mia dolce: agli anni miei
anche negaro i fati
la giovanezza. Ahi come,
come passata sei,
cara compagna dell'età mia nova,
mia lacrimata speme!
Questo è quel mondo? questi
i diletti, l'amor, l'opre, gli eventi
onde cotanto ragionammo insieme?
questa la sorte dell'umane genti?
All'apparir del vero
tu, misera, cadesti: e con la mano
la fredda morte ed una tomba ignuda
mostravi di lontano.
Emile VernonAlla sua donna
Giacomo Leopardi
•♥•*´¨`*•♥•*´¨`*•♥•*´¨`*•♥•
Cara beltá, che amore
lunge m’inspiri o nascondendo il viso,
fuor se nel sonno il core
ombra diva mi scuoti,
ne’ campi ove splenda
piú vago il giorno e di natura il riso;
forse tu l’innocente
secol beasti che dall’oro ha nome,
or leve intra la gente
anima voli? o te la sorte avara,
ch’a noi t’asconde, agli avvenir prepara?
Viva mirarti omai
nulla speme m’avanza;
s’allor non fosse, allor che ignudo e solo
per novo calle a peregrina stanza
verrá lo spirto mio. Giá sul novello
aprir di mia giornata incerta e bruna,
te viatrice in questo arido suolo
io mi pensai. Ma non è cosa in terra
che ti somigli; e s’anco pari alcuna
ti fosse al volto, agli atti, alla favella,
saría, cosí conforme, assai men bella.
Fra cotanto dolore
quanto all’umana etá propose il fato,
se, vera e quale il mio pensier ti pinge,
alcun t’amasse in terra, a lui pur fôra
questo viver beato:
e ben chiaro vegg’io siccome ancora
seguir loda e virtú qual ne’ prim’anni
l’amor tuo mi farebbe. Or non aggiunse
il ciel nullo conforto ai nostri affanni;
e teco la mortal vita saría
simile a quella che nel cielo indía.
Per le valli, ove suona
del faticoso agricoltore il canto,
ed io seggo e mi lagno
del giovanile error che m’abbandona;
e per li poggi, ov’io rimembro e piagno
i perduti desiri e la perduta
speme de’ giorni miei; di te pensando,
a palpitar mi sveglio. E potess’io,
nel secol tetro e in questo aer nefando,
l’alta specie serbar; ché dell’imago,
poi che del ver m’è tolto, assai m’appago.
Se dell’eterne idee
l’una sei tu, cui di sensibil forma
sdegni l’eterno senno esser vestita,
e fra caduche spoglie
provar gli affanni di funerea vita;
o s’altra terra ne’ superni giri
fra’ mondi innumerabili t’accoglie,
e piú vaga del sol prossima stella
t’irraggia, e piú benigno etere spiri;
di qua, dove son gli anni infausti e brevi,
questo d’ignoto amante inno ricevi.
Frederic LeightonIl sogno
Giacomo Leopardi
•♥•*´¨`*•♥•*´¨`*•♥•*´¨`*•♥•
Era il mattino, e tra le chiuse imposte
per lo balcone insinuava il sole
nella mia cieca stanza il primo albore;
quando, in sul tempo che piú leve il sonno
e piú soave le pupille adombra,
stettemi allato e riguardommi in viso
il simulacro di colei che amore
prima insegnommi, e poi lasciommi in pianto.
Morta non mi parea, ma trista, e quale
degl’infelici è la sembianza. Al capo
appressommi la destra, e sospirando,
Vivi — mi disse — e ricordanza alcuna
serbi di noi? — Donde — risposi — e come
vieni, o cara beltá? Quanto, deh! quanto
di te mi dolse e duol: né mi credea
che risaper tu lo dovessi; e questo
facea piú sconsolato il dolor mio.
Ma sei tu per lasciarmi un’altra volta?
Io n’ho gran tema. Or dimmi, e che t’avvenne?
Sei tu quella di prima? E che ti strugge
internamente? — Obblivione ingombra
i tuoi pensieri, e gli avviluppa il sonno,
— disse colei. — Son morta, e mi vedesti
l’ultima volta, or son piú lune. — Immensa
doglia m’oppresse a queste voci il petto.
Ella seguí: — Nel fior degli anni estinta,
quand’è il viver piú dolce, e pria che il core
certo si renda com’è tutta indarno
l’umana speme. A desiar colei,
che d’ogni affanno il tragge, ha poco andare
l’egro mortal; ma sconsolata arriva
la morte ai giovanetti, e duro è il fato
di quella speme che sotterra è spenta.
Vano è saper quel che natura asconde
agl’inesperti della vita, e molto
all’immatura sapienza il cieco
dolor prevale. — Oh sfortunata, oh cara,
taci, taci — diss’io, — ché tu mi schianti
con questi detti il cor. Dunque sei morta,
o mia diletta, ed io son vivo, ed era
pur fisso in ciel che quei sudori estremi
cotesta cara e tenerella salma
provar dovesse, a me restasse intera
questa misera spoglia? Oh quante volte,
in ripensar che piú non vivi, e mai
non avverrá ch’io ti ritrovi al mondo,
creder nol posso! Ahi! ahi! che cosa è questa
che morte s’addimanda? Oggi per prova
intenderlo potessi, e il capo inerme
agli atroci del fato odii sottrarre!
Giovane son, ma si consuma e perde
la giovanezza mia come vecchiezza;
la qual pavento, e pur m’è lunge assai.
Ma poco da vecchiezza si discorda
il fior dell’etá mia. — Nascemmo al pianto
— disse — ambedue; felicitá non rise
al viver nostro; e dilettossi il cielo
de’ nostri affanni. — Or, se di pianto il ciglio,
— soggiunsi — e di pallor velato il viso
per la tua dipartita, e se d’angoscia
porto gravido il cor; dimmi: d’amore
favilla alcuna, o di pietá, giammai
verso il misero amante il cor t’assalse
mentre vivesti? Io disperando allora
e sperando traea le notti e i giorni;
oggi nel vano dubitar si stanca
la mente mia. Che se una volta sola
dolor ti strinse di mia negra vita,
non mel celar, ti prego, e mi soccorra
la rimembranza or che il futuro è tolto
ai nostri giorni. — E quella: — Ti conforta,
o sventurato. Io di pietade avara
non ti fui mentre vissi, ed or non sono,
ché fui misera anch’io. Non far querela
di questa infelicissima fanciulla.
— Per le sventure nostre, e per l’amore
che mi strugge — esclamai, — per lo diletto
nome di giovanezza e la perduta
speme dei nostri dí, concedi, o cara,
che la tua destra io tocchi. — Ed ella, in atto
soave e tristo, la porgeva. Or, mentre
di baci la ricopro e, d’affannosa
dolcezza palpitando, all’anelante
seno la stringo, di sudore il volto
ferveva e il petto, nelle fauci stava
la voce, al guardo traballava il giorno.
Quando colei, teneramente affissi
gli occhi negli occhi miei: — Giá scordi, o caro,
— disse, — che di beltá son fatta ignuda,
e tu d’amore, o sfortunato, indarno
ti scaldi e fremi? Or finalmente addio.
Nostre misere menti e nostre salme
son disgiunte in eterno. A me non vivi,
e mai piú non vivrai: giá ruppe il fato
la fé che mi giurasti. Allor, d’angoscia
gridar volendo, e spasimando, e pregne
di sconsolato pianto le pupille,
dal sonno mi disciolsi. Ella negli occhi
pur mi restava, e nell’incerto raggio
del sol vederla io mi credeva ancora.
Caspar David FriedrichIo qui vagabondo
Giacomo Leopardi
•♥•*´¨`*•♥•*´¨`*•♥•*´¨`*•♥•
Per la bella pesarese Geltrude Cassi-Lazzari
Io qui vagando al limitare intorno,
invan la pioggia invoco e la tempesta,
acciò che la ritenga al mio soggiorno.
Pure il vento muggia nella foresta,
e muggia tra le nubi il tuono errante,
pria che l’aurora in ciel fosse ridesta.
O care nubi, o cielo, o terra, o piante,
parte la donna mia: pietá, se trova
pietá nel mondo un infelice amante.
turbine, or ti sveglia, or fate prova
di sommergermi o nembi, insino a tanto
che il sole ad altre terre il dí rinnova.
S’apre il ciel, cade il soffio, in ogni canto
posan l’erbe e le frondi, e m’abbarbaglia
le luci il crudo Sol pregne di pianto.
Il primo amore
Giacomo Lepardi
¸.•♥•.¸¸.•♥•.¸¸.•♥•.¸¸.•♥•.¸
Tornami a mente il dí che la battaglia
d’amor sentii la prima volta, e dissi:
— Oimè, se quest’è amor, com’ei travaglia! —
Che, gli occhi al suol tuttora intenti e fissi,
io mirava colei ch’a questo core
primiera il varco ed innocente aprissi.
Ahi, come mal mi governasti, amore!
perché seco dovea sí dolce affetto
recar tanto desio, tanto dolore?
e non sereno, e non intero e schietto,
anzi pien di travaglio e di lamento
al cor mi discendea tanto diletto?
Dimmi, tenero core, or che spavento,
che angoscia era la tua fra quel pensiero
presso al qual t’era noia ogni contento?
quel pensier che nel dí, che lusinghiero
ti si offeriva nella notte, quando
tutto queto parea nell’emisfero:
tu inquieto, e felice e miserando,
m’affaticavi in su le piume il fianco,
ad ogni or fortemente palpitando.
E dove io tristo ed affannato e stanco
gli occhi al sonno chiudea, come per febre
rotto e deliro, il sonno venía manco.
Oh, come viva in mezzo alle tenèbre
sorgea la dolce imago, e gli occhi chiusi
la contemplavan sotto alle palpèbre!
oh, come soavissimi diffusi
moti per l’ossa mi serpeano! oh, come
mille nell’alma instabili, confusi
pensieri si volgean! qual tra le chiome
d’antica selva zefiro scorrendo,
un lungo, incerto mormorar ne prome.
E mentre io taccio, e mentre io non contendo,
che dicevi, o mio cor, che si partía
quella per che penando ivi e battendo?
Il cuocer non piú tosto io mi sentía
della vampa d’amor, che il venticello
che l’aleggiava volossene via.
Senza sonno io giacea sul dí novello,
e i destrier, che dovean farmi deserto,
battean la zampa sotto al patrio ostello.
Ed io, timido e cheto ed inesperto,
ver’ lo balcone al buio protendea
l’orecchio avido e l’occhio indarno aperto,
la voce ad ascoltar, se ne dovea
di quelle labbra uscir, ch’ultima fosse;
la voce ch’altro il cielo, ahi! mi togliea.
Quante volte plebea voce percosse
il dubitoso orecchio, e un gel mi prese,
e il core in forse a palpitar si mosse!
E poi che finalmente mi discese
la cara voce al core, e de’ cavai
e delle rote il romorio s’intese;
orbo rimaso allor, mi rannicchiai
palpitando nel letto e, chiusi gli occhi,
strinsi il cor con la mano, e sospirai.
Poscia traendo i tremuli ginocchi
stupidamente per la muta stanza,
— Ch’altro sará — dicea — che il cor mi tocchi? —
Amarissima allor la ricordanza
locómmisi nel petto, e mi serrava
ad ogni voce il core, a ogni sembianza.
E lunga doglia il sen mi ricercava,
com’è quando a distesa Olimpo piove
malinconicamente e i campi lava.
Ned io ti conoscea, garzon di nove
e nove soli, in questo a pianger nato,
quando facevi, Amor, le prime prove;
quando in ispregio ogni piacer, né grato
m’era degli astri il riso, o dell’aurora
queta il silenzio, o il verdeggiar del prato.
Anche di gloria amor taceami allora
nel petto, cui scaldar tanto solea,
ché di beltade amor vi fea dimora.
Né gli occhi ai noti studi io rivolgea,
e quelli m’apparian vani, per cui
vano ogni altro desir creduto avea.
Deh! come mai da me sí vario fui,
e tanto amor mi tolse un altro amore?
Deh, quanto, in veritá, vani siam nui!
Solo il mio cor piaceami, e col mio core
in un perenne ragionar sepolto,
alla guardia seder del mio dolore.
E l’occhio, a terra chino o in sé raccolto,
di riscontrarsi fuggitivo e vago
né in leggiadro soffría né in turpe volto:
ché la illibata, la candida imago
turbare egli temea pinta nel seno,
come all’aure si turba onda di lago.
E quel di non aver goduto appieno
pentimento, che l’anima ci grava,
e il piacer che passò cangia in veleno,
per li fuggiti dí mi stimolava
tuttora il sen: che la vergogna il duro
suo morso in questo cor giá non oprava.
Al cielo, a voi, gentili anime, io giuro
che voglia non m’entrò bassa nel petto,
ch’arsi di foco intaminato e puro.
Vive quel foco ancor, vive l’affetto,
spira nel pensier mio la bella imago,
da cui, se non celeste, altro diletto
giammai non ebbi, e sol di lei m’appago.
Edited by Denveth - 3/6/2023, 00:49. -
Tersicore*.
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William Adolphe Bouguerau
Adolescente
(V. Cardarelli)
Su te, vergine adolescente,
sta come un'ombra sacra.
Nulla è più misterioso
e adorabile e proprio
della tua carne spogliata.
Ma ti recludi nell'attenta veste
e abiti lontano
con la tua grazia
dove non sai chi ti raggiungerà.
Certo non io. Se ti veggo passare
a tanta regale distanza,
con la chioma sciolta
e tutta la persona astata,
la vertigine mi si porta via.
Sei l'imporosa e liscia creatura
cui preme nel suo respiro
l'oscuro gaudio della carne che appena
sopporta la sua pienezza.
Nel sangue, che ha diffusioni
di fiamma sulla tua faccia,
il cosmo fa le sue risa
come nell'occhio nero della rondine.
La tua pupilla è bruciata
del sole che dentro vi sta.
La tua bocca è serrata.
Non sanno le mani tue bianche
il sudore umiliante dei contatti.
E penso come il tuo corpo
difficoltoso e vago
fa disperare l'amore
nel cuor dell'uomo!
Pure qualcuno ti disfiorerà,
bocca di sorgiva.
Qualcuno che non lo saprà,
un pescatore di spugne,
avrà questa perla rara.
Gli sarà grazia e fortune
il non averti cercata
e non sapere chi sei
e non poterti godere
con la sottile coscienza
che offende il geloso Iddio.
Oh si, l'animale sarà
abbastanza ignaro
per non morire prima di toccarti.
E tutto è così.
Tu anche non sai chi sei.
E prendere ti lascerai,
ma per vedere come il gioco è fatto,
per ridere un poco insieme.
Come fiamma si perde nella luce,
al tocco della realtà
i misteri che tu prometti
si disciolgono in nulla.
Inconsumata passerà
tanta gioia!
Tu ti dirai, tu ti perderai,
per il capriccio che non indovina
mai, col primo che ti piacerà.
Ama il tempo lo scherzo
che lo seconda,
non il cauto volere che indugia.
Così la fanciullezza
fa ruzzolare il mondo
e il saggio non è che un fanciullo
che si duole di essere cresciuto.Oggi che t'aspettavo
(V. Cardarelli)
Oggi che t'aspettavo
non sei venuta
e la tua assenza so quel che mi dice
la tua assenza che tumultuava
nel vuoto che hai lasciato
come una stella
dice che non vuoi amarmi
quale un estivo temporale s'annuncia
e poi s'allontana
così ti sei negata alla mia sete
l'amore sul nascere
ha di questi improvvisi pentimenti
silenziosamente ci siamo intesi
amore, amore
come sempre
vorrei coprirti di fiori
e d'insulti.Passato
(V. Cardarelli)
I ricordi, queste ombre troppo lunghe
del nostro breve corpo,
questo strascico di morte
che noi lasciamo vivendo,
i lugubri e durevoli ricordi,
eccoli già apparire:
melanconici e muti
fantasmi agitati da un vento funebre.
E tu non sei più che un ricordo.
Sei trapassata nella mia memoria.
Ora sì, posso dire
che m'appartieni
e qualcosa fra di noi è accaduto
irrevocabilmente.
Tutto finì, così rapido!
Precipitoso e lieve
il tempo ci raggiunse.
Di fuggevoli istanti ordì una storia
ben chiusa e triste.
Dovevamo saperlo che l'amore
brucia la vita e fa volare il tempo.Amore
(V. Cardarelli)
Come chi gioia e angoscia provi insieme
gli occhi di lei così m'hanno lasciato.
Non so pensarci. Eppure mi ritorna
più e più insistente nell'anima
quel suo fugace sguardo di commiato.
E un dolce tormento mi trattiene
dal prender sonno, ora ch'è notte e s'agita
nell'aria un che di nuovo.
Occhi di lei, vago tumulto. Amore,
pigro incredulo amore, più per tedio
che per gioco intrapreso, ora ti sento
attaccato al mio cuore (debol ramo)
come frutto come geme.
Amore e primavera vanno insieme.
Quel fatale e prescritto momento
che ci diremo addio
è già in ogni distacco
del tuo volto dal mio.
Cosa lieve è il tuo corpo!
Basta ch'io l'abbandoni per sentirti
crudelmente lontana.
Il più corto saluto è fra noi due
un commiato finale.
Ogni giorno ti perdo e ti ritrovo
così, senza speranza.
Se tu sapessi com'è già remoto
il ricordo dei baci
che poco fa mi davi,
di quel caro abbandono,
di quel folle tuo amore ov'io non mordo
se sapore di morte.Foto di PETERVANALLEN
Abbandono
(V. Cardarelli)
Volata sei, fuggita
come una colomba
e ti sei persa, là, verso oriente.
Ma mi son rimasti i luoghi che ti videro
e l'ore dei nostri incontri.
Ore deserte,
luoghi per me divenuti un sepolcro
a cui faccio la guardia.
Edited by Denveth - 3/6/2023, 01:29. -
.
Incontro di due mani
(Juan Ramon Jimenez)
Incontro di due mani
in cerca di stelle,
nella notte!
Con che pressione immensa
si sentono le purezze immortali!
Dolci, quelle due dimenticano
la loro ricerca senza sosta,
e incontrano, un istante,
nel loro circolo chiuso,
quel che cercavano da sole.
Rassegnazione d'amore,
tanto infinita come l'impossibile
Edited by Denveth - 2/6/2023, 01:22. -
Tersicore*.
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Leonardo Da VinciIl mio sogno familiare
( Paul Verlaine )
Spesso mi viene in sogno bizzarra e penetrante
Una donna mai vista, che amo e che mi ama,
Che con lo stesso nome si chiama e non si chiama
Diversa e uguale m'ama e sempre è confortante.
È per me confortante, e il mio cuore parlante
Per lei soltanto, ahimé! Non è più cosa grama
Per lei soltanto, in fronte del sudore la trama
Lei soltanto rinfresca, con le lacrime piante.
È' bruna, bionda o rossa? Non mi è dato sapere.
Il suo nome? Ricordo che è dolce e dà piacere.
Come nomi diletti che la vita ha esiliato.
All'occhio delle statue è simile il suo sguardo,
Ed ha la voce calma, lontana, grave, il fiato
Delle voci più care spente senza riguardo.Le conchiglie
( Paul Verlaine )
Ogni incrostata conchiglia che sta
In quella grotta in cui ci siamo amati
Ha la sua propria particolarità.
Una dell'anima nostra ha la porpora
Che ha succhiato nel sangue ai nostri cuori
Quando io brucio e tu a quel fuoco ardi;
Un'altra imita te nei tuoi languori
E nei pallori tuoi di quando, stanca,
Ce l'hai con me perché ho gli occhi beffardi.
Questa fa specchio a come in te s'avvolge
La grazia del tuo orecchio, un'altra invece
Alla tenera e corta nuca rosa;
Ma una sola, fra tutte, mi sconvolge.Vola, canzone, rapida
( Paul Verlaine )
Vola, canzone, rapida
davanti a Lei e dille
che, nel mio cuor fedele,
gioioso ha fatto luce
un raggio, dissipando,
santo lume, le tenebre
dell'amore: paura,
diffidenza e incertezza.
Ed ecco il grande giorno!
Rimasta a lungo muta
e pavida - la senti?
- l'allegria ha cantato
come una viva allodola
nel cielo rischiarato.
Vola, canzone ingenua,
e sia la benvenuta
senza rimpianti
vani colei che infine torna.
William Adolphe BouguereauTutta Grazie e tutta sfumature
( Paul Verlaine )
Tutta grazia e tutta sfumature,
nello splendore dei suoi sedici anni,
ha candore e civetterie innocenti
propri di una bambina.
I suoi occhi, che sono occhi d'un angelo,
sanno tuttavia, senza pensarvi,
risvegliare lo strano desiderio
di un bacio immateriale.
E la sua mano, piccola a tal punto
da non poter tenere un colibrì,
imprigiona il cuore che lei ha preso
di nascosto, e non fa sperare fuga.
L'intelligenza, in lei, giunge in soccorso
alla nobile anima; lei è pura
e spirituale: quello che ha detto
doveva proprio dirlo!
Se pure la stoltezza la diverte
e la fa ridere senza pietà,
ella sarebbe, se fosse una musa,
clemente fino a diventare amica,
fino all'amore - chi lo sa? può darsi,
nei confronti di un poeta innamorato
che mendicasse sotto la finestra,
audace, un degno premio
per la sua canzone, bella o brutta,
ma testimoniando onestamente,
senza note false né sciocchezze,
il dolce male che si soffre amando.Piange il mio cuore
( Paul Verlaine )
Piange il mio cuore
Come piove sulla città
Cos'è questo languore
Che penetra il mio cuore?
O dolce rumore della pioggia
Sulla terra e sopra i tetti!
Per un cuore che s'annoia,
Oh, il canto della pioggia
Piange senza ragione
Questo cuore che s'accora.
Che! Nessun tradimento...?
E' un lutto senza ragione.
Ed è la peggior pena
Non sapere perché
Senza odio e senza amore
Il mio cuore ha tanta pena!Noi saremo
( Paul Verlaine )
Noi saremo, a dispetto di stolti e di cattivi
che certo guarderanno male la nostra gioia,
talvolta, fieri e sempre indulgenti, è vero?
Andremo allegri e lenti sulla strada modesta
che la speranza addita, senza badare affatto
che qualcuno ci ignori o ci veda, è vero?
Nell'amore isolati come in un bosco nero,
i nostri cuori insieme, con quieta tenerezza,
saranno due usignoli che cantan nella sera.
Quanto al mondo, che sia con noi dolce o irascibile,
non ha molta importanza. Se vuole, esso può bene
accarezzarci o prenderci di mira a suo bersaglio.
Uniti dal più forte, dal più caro legame,
e inoltre ricoperti di una dura corazza,
sorrideremo a tutti senza paura alcuna.
Noi ci preoccuperemo di quello che il destino
per noi ha stabilito, cammineremo insieme
la mano nella mano, con l'anima infantile
di quelli che si amano in modo puro, vero?A una donna
( Paul Verlaine )
A te queste parole, per la consolatrice
grazia dei tuoi grandi occhi, dove un tenero sogno
ride e piange, per l'anima tua pura, così bella,
a te queste parole, dal mio acre tormento!
Ahimè, l'orrido incubo che sempre mi perseguita
non mi dà tregua, infuria follemente, geloso,
si va moltiplicando come un branco di lupi,
si attacca al mio destino sporcandolo di sangue!
Io soffro, è spaventosa la mia sofferenza,
tale che, al suo confronto, è un'egloga il lamento
del primo uomo, espulso dal giardino dell'Eden!
Le preoccupazioni che puoi avere, cara,
sono rondini in volo nel cielo del meriggio
riscaldato dal sole di un giorno di settembre.Letera
( Paul Verlaine )
Signora, io, costretto a starmene lontano
dai vostri occhi (chiamo gli dèi a testimoni),
languisco e muoio come è mio costume in casi
simili, e intanto ho il cuore pieno di amarezza
e vivo tra gli affanni, con l'ombra vostra appresso,
di giorno nei pensieri, di notte dentro i sogni,
di giorno e di notte, signora mia adorabile!
E così alla fine, facendo il corpo spazio
all'anima, un fantasma diventerò a mia volta,
e allora la mia ombra si fonderà alla vostra
per sempre, nello spasmo lamentoso dei vani
abbracci, dei molteplici, infiniti desideri.
Nell'attesa, mia cara, sono il tuo servitore.
Laggiù va tutto bene, va come piace a te?
Il pappagallo, il gatto, il cane? E' sempre bella
la compagnia laggiù? Quella certa Silvana
di cui avrei amato l'occhio scuro se il tuo
non fosse blu, e che a volte mi faceva dei segni
(perbacco!), ti fa ancora da dolce confidente?
Ora un'idea impaziente, signora, mi tormenta:
riuscire a conquistare il mondo e i suoi tesori
per deporli davanti ai vostri piedi come
pegno - indegno - d'amore, di un amore uguale
alle fiamme più celebri che hanno fatto risplendere
le tenebre profonde dei grandi cuori.
Fu meno amata Cleopatra, in fede mia, davvero,
da Marcantonio e Cesare, che voi da me, signora,
e non abbiate dubbi, perché saprò combattere
come l'antico Cesare, per un sorriso, o mia
Cleopatra, e come Antonio fuggire per un bacio.
E adesso, cara, addio. Ho già parlato troppo.
E il tempo che si perde per leggere una lettera
non varrà mai la pena che ci si metta a scriverla.In sordina
( Paul Verlaine )
Calmi nella penombra
che gli alti rami spargono
penetriamo il nostro amore
di questo silenzio profondo.
Uniamo le nostre anime, i cuori
ed i sensi in estasi,
in mezzo ai vaghi languori
dei pini e dei corbezzoli.
Socchiudi gli occhi,
incrocia le braccia sul seno,
e dal tuo cuore assopito
scaccia per sempre ogni progetto.
Lasciamoci persuadere
al dolce soffio che culla
e che ai tuoi piedi viene ad increspare
le onde di erba rossa.
E quando, solenne, la sera
cadrà dalle nere querce,
voce della nostra disperazione
l'usignolo canterà.Desiderio
( Paul Verlaine )
Ah, quegli appuntamenti! Ah, quelle prime amanti!
Ed i capelli d'oro, e gli occhi azzurri, e il fiore
delle carni. Ed ancora, tra gli odorosi corpi
giovani e cari, i tocchi spontanei, timorosi!
Sono così lontani tutti questi candori,
tutti questi piaceri! Ahimè, sono fuggiti
verso la primavera dei rimpianti i neri
inverni della mia noia, del mio sconforto.
Adesso eccomi solo, cupo e solitario,
cupo e disperato, più gelido di un vecchio,
un povero orfanello senza sorelle grandi.
Oh, la donna che ama carezzevole e calda,
dolce, pensosa e bruna, che mai si meraviglia,
e a volte come un bimbo vi bacia sulla fronte!Stanchezza
( Paul Verlaine )
Un poco di dolcezza, dolcezza, sì, dolcezza!
Calma un momento, cara, questi slanci febbrili.
Talvolta, sai, l'amante, nel pieno del piacere,
deve aver l'abbandono quieto di una sorella.
Sii languida, accarezzami fino a farmi assopire,
sono uguali i sospiri e gli sguardi cullanti.
Eh sì, la gelosia e l'ossessivo spasimo
non valgono un bel bacio, anche se menzognero.
Ma tu mi dici, amore, che nel tuo cuore d'oro
la passione selvaggia suona il corno da caccia...
E lasciala suonare, la povera accattona!
Appoggia la tua fronte sulla mia fronte e dammi
la mano, e giura cose che presto scorderai.
Piangiamo fino all'alba, mia piccola focosa!
Edited by Denveth - 3/6/2023, 01:46. -
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Potessero le mie mani sfogliare
Federico Garcia Lorca
Pronunzio il tuo nome
nelle notti scure,
quando sorgono gli astri
per bere dalla luna
e dormono le frasche
delle macchie occulte.
E mi sento vuoto
di musica e passione.
Orologio pazzo che suona
antiche ore morte.
Pronunzio il tuo nome
in questa notte scura,
e il tuo nome risuona
più lontano che mai.
Più lontano di tutte le stelle
e più dolente della dolce pioggia.
T'amerò come allora
qualche volta? Che colpa
ha mai questo mio cuore?
Se la nebbia svanisce,
quale nuova passione mi attende?
Sarà tranquilla e pura?
Potessero le mie mani
sfogliare la luna!Giaccio da solo nella casa silenziosa
(Federico García Lorca)
Giaccio da solo nella casa silenziosa,
la lampada è spenta,
e stendo pian piano le mie mani
per afferrare le tue,
e lentamente spingo la mia fervente bocca
verso di te e bacio me fino a stancarmi e ferirmi
– e all’improvviso son sveglio,
ed intorno a me la fredda notte tace,
luccica nella finestra una limpida stella –
o tu, dove sono i tuoi capelli biondi,
dov’è la tua dolce bocca?
Ora bevo in ogni piacere la sofferenza
e veleno in ogni vino;
mai avrei immaginato che fosse tanto amaro
essere solo
essere solo e senza di te!
Edited by Denveth - 3/6/2023, 10:07. -
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Verrò quando sarai più triste
( Emily Brontë )
Verrò quando sarai più triste,
steso nell’ombra che sale alla tua stanza;
quando il giorno demente ha perso il suo tripudio,
e il sorriso di gioia è ormai bandito
dalla malinconia pungente della notte.
Verrò quando la verità del cuore
dominerà intera, non obliqua,
ed il mio influsso su di te stendendosi,
farà acuta la pena, freddo il piacere,
e la tua anima porterà lontano.
Ascolta, è proprio l’ora,
l’ora tremenda per te:
non senti rullarti nell’anima
uno scroscio di strane emozioni,
messaggere di un comando più austero,
araldi di me?Sogno, dove sei ora?
( Emily Brontë )
Sogno, dove sei ora?
Tanto tempo è trascorso
Da quando la luce svanì
Dalla tua fronte d’angelo
Ohimè, ohimè
Eri così lucente e bello!
Non avrei mai creduto che
Il ricordo tuo portasse solo dolore!
La tempesta e i raggi del sole
Il divino crepuscolo estivo
La notte, immobile in un silenzio solenne,
La luna, piena e scintillante e senza nubi,
Una volta tutto si legava a te,
E ora solo una pena indicibile.
Visione perduta! Basta …
Non puoi più splendere ormaiNon dovresti conoscere la disperazione
( Emily Brontë )
Non dovresti conoscere la disperazione
se le stelle scintillano ogni notte
se la rugiada scende silenziosa a sera
e il sole indora il mattino.
Non dovresti conoscere la disperazione seppure
le lacrime scorrano a fiumi:
non sono gli anni più amati
per sempre presso il tuo cuore:
Piangono, tu piangi, così deve essere:
il vento sospira dei tuoi sospiri,
e dall’inverno cadono lacrime di neve
là dove giacciono le foglie d’autunno:
pure, presto rinascono, e il tuo destino
dal loro non può separarsi:
continua il tuo viaggio, se non con gioia
pure, mai con disperazione!Amore e amicizia
(Emily Brontë)
Amore è come una rosa canina,
Amicizia è un agrifoglio –
È bruno l’agrifoglio quando la rosa è in boccio
ma chi dei due verdeggerà più a lungo?
La rosa selvaggia è dolce in primavera,
i suoi fiori profumano l’estate,
ma aspetta che l’inverno ricompaia
e chi loderà la bellezza del rovo?
Sdegna la fatua corona di rose
e véstiti di lucido agrifoglio,
perché Dicembre che sfiora la tua fronte
ti lasci ancora una verde ghirlanda.
Edited by Denveth - 5/6/2023, 23:10. -
Tersicore*.
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Il vuoto di lunghi anni di distanza
( Emily Dickinson )
Il vuoto di lunghi anni di distanza
può un attimo colmare,
poiché l’assenza del mago non rompe
l’incantesimo.
Ceneri di mill’anni
scoperte dalla mano
che le nutriva quand’erano fuoco,
arderanno di nuovo, e intenderanno.
Edited by Denveth - 6/6/2023, 00:11. -
Tersicore*.
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Poesia d’amore
( Boris Leonidivic' Pasternak )
Nessuno sarà a casa
solo la sera. Il solo
giorno invernale nel vano trasparente
delle tende scostate.
Di palle di neve solo, umide, bianche
la rapida sfavillante traccia.
Soltanto tetti e neve e tranne
i tetti e la neve, nessuno.
E di nuovo ricamerà la brina,
e di nuovo mi prenderanno
la tristezza di un anno trascorso
e gli affanni di un altro inverno,
e di nuovo mi tormenteranno
per una colpa non ancora pagata,
e la finestra lungo la crociera
una fame di legno serrerà.
Ma per la tenda d’un tratto
scorrerà il brivido di un’irruzione.
Il silenzio coi passi misurando
tu entrerai, come il futuro.
Apparirai presso la porta,
vestita senza fronzoli, di qualcosa di bianco,
di qualcosa proprio di quei tessuti
di cui ricamano i fiocchi.
Edited by Denveth - 6/6/2023, 00:41. -
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Non è il tuo amore che domando
( Anna A. Achmatova )
Non è il tuo amore che domando.
Si trova adesso in un luogo conveniente.
Stanne pur certo, lettere gelose
non scriverò alla tua fidanzata.
Però accetta dei saggi consigli:
dalle da leggere i miei versi,
dalle da custodire i miei ritratti,
sono così cortesi i fidanzati!
E conta più per queste scioccherelle
assaporare a fondo una vittoria
che luminose parole di amicizia,
e il ricordo dei primi, dolci giorni...
Ma allorché con la diletta amica
avrai vissuto spiccioli di gioia
e all'anima già sazia d'improvviso
tutto parrà un peso,
non accostarti alla mia notte trionfale.
Non ti conosco.
E in cosa potrei esserti d'aiuto?
Dalla felicità io non guarisco.
Edited by Denveth - 6/6/2023, 02:07. -
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Ancora abbiamo perso questo tramonto
( Pablo Neruda )
Ancora abbiamo perso questo tramonto.
Nessuno stasera ci vide con le mani unite
mentre il vento azzurro cadeva sopra il mondo.
Ho visto dalla mia finestra
la festa del ponente sui monti lontani.
A volte, come una moneta
si incendiava un pezzo di sole tra le mani.
Io ti ricordavo con l’anima stretta
da quella tristezza che tu mi conosci.
Allora dove eri?
Tra quali genti?
Che parole dicendo?
Perché mi arriva tutto l’amore d’un colpo
quando mi sento triste e ti sento così lontana?
Cadde il libro che sempre si prende nel tramonto
e come un cane ferito ai miei piedi rotolò la mia cappa.
Sempre, sempre ti allontani nelle sera
dove corre il tramonto cancellando statue.
Edited by Denveth - 3/6/2023, 01:51. -
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E sto abbracciato a te
~ Pedro Salinas ~
E sto abbracciato a te
senza chiederti nulla, per timore
che non sia vero
che tu vivi e mi ami.
E sto abbracciato a te
senza guardare e senza toccarti.
Non debba mai scoprire
con domande, con carezze,
quella solitudine immensa
d'amarti solo io.Penso a te nel silenzio della notte
( Fernando Pessoa )
Penso a te nel silenzio della notte, quando tutto è nulla,
e i rumori presenti nel silenzio sono il silenzio stesso,
allora, solitario di me, passeggero fermo
di un viaggio senza Dio, inutilmente penso a te.
tutto il passato, in cui fosti un momento eterno,
è come questo silenzio di tutto.
tutto il perduto, in cui fosti quel che più persi,
è come questi rumori,
tutto l’inutile, in cui fosti quel che non doveva essere,
è come il nulla che sarà in questo silenzio notturno.
ho visto morire, o sentito che morirono,
quanti amai o conobbi,
ho visto non saper più nulla di quelli che un po’ andarono
con me, e poco importa se fu un’ora o qualche parola;
o un passeggio emotivo e muto,
e il mondo oggi per me è un cimitero di notte,
bianco e nero di tombe e alberi e di estraneo chiardiluna
ed è in questa quiete assurda di me e di tutto
che penso a te.Amica mia
(Guillaume Apollinaire)
Amica mia penso a te,
Al tuo color di sole alla tua grazia.
La casa è vuota da quando il mio raggio di sole
È andato a tuffarsi in mare.
Se vedi i sommergibili
Di’ loro che t’amo.
Se le nubi s’addensano
Di’ loro che t’adoro.
Se la mareggiata infuria sugli scogli della riva
Di’ agli scogli che sei la mia pietra preziosa.
Se qualche granello di sabbia brilla tra i mille granelli
di sabbia della spiaggia
Digli che sei la sola gemma che amo.
Quando vedrai il postino
Digli con quanta impazienza aspetto le tue lettere.
Ti mando mille baci mille carezze
Che ti raggiungeranno come le parole raggiungono
l’antenna del telegrafo senza fili.
Se vedi dei feriti
Digli che la mia sola ferita è quella che hai inferto
al mio cuore.
Se a volte pensi pensa che il mio pensiero è sempre
con te.
E che t’adoro.Sarei già andato davvero lontano
( Johann Wolfgang Goethe )
Sarei già andato davvero lontano,
Tanto lontano quanto è grande il mondo,
Se non mi trattenessero le stelle
Che hanno legato il mio al tuo destino,
Così che solo in te posso conoscermi.
E la poesia, i sogni, il desiderio,
Tutto mi spinge a te, alla tua natura,
E dalla tua dipende la mia vita.Ti adoro
( Charles Baudelaire )
Ti adoro al pari della volta notturna,
o vaso di tristezza, o grande taciturna!
E tanto più t’amo quanto più mi fuggi, o bella,
e sembri, ornamento delle mie notti,
ironicamente accumulare la distanza
che separa le mie braccia dalle azzurrità infinite.
Mi porto all’attacco, m’arrampico all’assalto
come fa una fila di vermi presso un cadavere e amo,
fiera implacabile e cruda, sino la freddezza
che ti fa più bella ai miei occhi.Che farmene delle stelle
( Jannis Ritsos )
Che farmene delle stelle,
di questo vento leggero che mi accarezza la sera,
che farmene di una finestra spalancata sul mondo,
sull’orizzonte, se tu non ci sei?
Tutto ha una luce diversa se sei qui con me.
Tutto ha senso solo se posso raccontartelo.
Il mondo è semplicemente nel tuo abbraccio.Sento i tuoi passi nella sala
( Karin Boye )
Sento i tuoi passi nella sala,
sento in ogni nervo i tuoi rapidi passi
che nessuno nota altrimenti.
Intorno a me soffia un vento di fuoco.
Sento i tuoi passi, i tuoi amati passi,
e l’anima fa male.
Cammini lontano nella sala,
ma l’aria ondeggia dei tuoi passi
e canta come canta il mare.
Ascolto, prigioniera dell’oppressione che consuma.
Nel ritmo del tuo ritmo, nel tempo del tuo tempo
batte il mio polso nella fame.
Edited by Denveth - 23/4/2023, 12:11.